Mi ha sempre affascinato lo scenario musicale che album dopo album son riusciti a creare i Toundra, basandosi semplicemente sulle dinamiche della musica rock (post e strumentale in questo caso) fatta di saliscendi emozionali, rallentamenti ed accelerazioni, pesantezza e leggerezza il tutto in una convivenza mai forzata.
Gli spagnoli sono senz’altro tra i migliori interpreti di questa proposta insieme a Long Distance Calling, Sleepmakeswaves, God Is Astronaut, Maybeshewill e lo confermano in questo quinto album (da qui la V iniziale del titolo); riff potenti, melodie di gran profondità, atmosfere cangianti…
Difficile parlare dei singoli pezzi quando tutto “Vortex” pulsa all’unisono ma abbiamo alcuni punti salienti; nella fattispecie “Cobra” si segnala per l’irruenza ritmica e per dei riff taglienti confermati anche in “Tuareg”. Ovviamente doveroso citare, vista la lunga durata, “Mojave” che contiene scenari contrapposti ma complementari in un crescendo davvero emozionante.
Nonostante l’appesantimento del sound che avvicina i madrileni ancor più proprio ai Long Distance Calling non troviamo punti di contatto diretto col metal (oddio qualche riff ci va molto vicino) ma piuttosto con certo hard rock progressivo anni ‘70 fatto di numerosi cambi di tempo e suoni più grezzi che compressi.
I Toundra sono un po’ differenti oggi, osano di più nonostante la bontà dei loro album precedenti, però se già li conoscete non aspettatevi uno stravolgimento stilistico epocale perché da esattamente un decennio portano avanti il proprio credo musicale senza compromessi nonostate i cambi di etichetta e il mutevole contesto musicale intorno a loro.