Nel giorno più caldo della settimana più calda dell’anno non poteva esserci appuntamento migliore della chiusura estiva per Versus Music. L’evento a cadenza annuale, con il meglio della scena death-core internazionale, mista a diverse band tricolore, in questo 2023 si è tenuto a Paderno Dugnano, precisamente allo Slaughter Club, che di sicuro è stato il posto più torrido d’Italia.
Tantissimi ragazzi erano in attesa, al riparo nell’ombra, già alle 17.40, carichi per poter assistere a una combo headliner devastante: Signs Of The Swarm & Humanity’s Last Breath orfani però dei To The Grave, i quali (per motivi economico/logistici) hanno dovuto cancellare la tournée europea.
OMENS BEFORE HYSTERIA
Il primo gruppo a salire sul palco sono i milanesi OBH, che già conosco in quanto amici da diversi anni. Sarà per me impossibile essere del tutto imparziale, ma cercherò di essere il più diplomatico possibile: fighissimi, ma su questo non c’erano dubbi. Avendo avuto in anteprima il loro primo EP mi ero già studiato bene la loro proposta e dal calderone -core presente nel nostro paese sono quelli che osano di più, sia in studio che in sede live. Unica pecca il loro live troppo corto: presentano le loro uniche quattro tracce di “Trauma”. Sullo stage sono ben assestati e sanno intrattenere i tanti presenti (tutti amano i gemelli Caristia) che si lanciano subito, nonostante temperature illegali, in mosh e poghi, senza contare la conclusione del set con gli stessi membri del gruppo in mezzo alla folla. Arroganti il giusto per creare quell’atmosfera ignorante che piace, se siete inclini a sonorità in stile Darko US o l’ultimo Within Destruction di sicuro non potrete non apprezzare anche gli Omens Before Hysteria. Il We Are Deathcore 2023 parte alla grande.
COMMONRAGE
I torinesi Commonrage hanno un grosso fardello da portare dal vivo, cercare di migliorare quanto visto e ascoltato prima. Cosa non facile per due motivi: non sono seguiti come gli OBH e (molto più grave) ormai dentro lo Slaughter Club non si respira più.
Piccoli problemi con il basso posticiperanno di qualche minuto tutta la scaletta, fortunatamente la cosa si risolverà ma non del tutto.
Torniamo quindi al loro concerto. Io soffro il caldo in maniera tale da declinare anche gli inviti per una birra con gli amici e a un certo punto sono dovuto uscire, posizionandomi nell’unico posto in cui girava un minimo di corrente d’aria. Ho visto di conseguenza tutte le band da fuori, ma ciò non toglie il fatto che la loro esibizione rimanga più che sufficiente, nulla di esagerato o di unico, meritano il 6 solo per essersi presentati sul palco in queste condizioni. Sul resto possiamo definirli portatori di uno stile standard senza pretese, cosa che nel 2023 però inizia ad essere super inflazionata.
THE BIG JAZZ DUO
Purtroppo per una chiamata di lavoro di priorità assoluta (sono quelle situazioni in cui se non rispondi poi il giorno dopo non sai come verrai accolto), sono dovuto uscire e perdermi tutta la loro esibizione. Ma stando alle parole dei miei amici presenti nessuno ha pareri positivi. L’elemento in comune che fa sì che la loro esibizione sia stata bocciata in toto è l’atteggiamento un po’ troppo da cazzone che ha reso fastidiosa la loro presenza sul palco. Io non mi esprimo, ma posso dire di fidarmi di chi mi accompagna a vedere i concerti, quindi pochi dubbi a riguardo.
HUMAN DECEPTION
Siamo all’ultimo capitolo italiano prima di passare al piatto forte, e a caricare gli animi ci pensano gli Human Deception. Anche loro con un solo EP e qualche singolo all’attivo, fanno vedere di che pasta sono fatti con ottimi suoni aggressivi e una possente prestazione vocale. La loro mezz’ora la sanno sfruttare al meglio ma come al solito mea culpa, anche la loro esibizione sono riuscita a vederla solo dall’esterno del club. Non me ne vogliate, io stavo soffrendo. Colgono l’occasione anche per presentare un nuovo brano chiamato “Born In Drawback” prima di salutarci tutti con la conclusiva “Amor Fati”.
Sicuramente insieme agli OBH le due esibizioni più di rilievo dell’intero gruppo di band italiane, scaldando (come se ce ne fosse bisogno) il palco per i successivi Signs Of The Swarm.
Setlist:
01- The Magister Ritual
02- Rise Of The New God
03- Chasm Of Desire
04- I Was The Truth
05- Born In Drawback (nuova canzone)
06- Amor Fati
SIGNS OF THE SWARM
Siamo giunti alla portata principale per il sottoscritto, in quanto tra le due band co-headliner ero più interessato agli americani che agli svedesi. Il loro ultimo album “Amongst The Low & Empty” l’ho praticamente divorato ed ero super curioso di capirne l’impatto dal vivo, senza considerare che per il sottoscritto sarebbe stata anche la prima volta che li vedevo dal vivo. Ovviamente mi avvicino solo per le prime canzoni “Absolvere” e “Malady”, che confermano come siano delle macchine da guerra incontrollabili. Suoni pesanti e perfetti con un David Simonich al microfono devastante, mettendosi ben in luce anche sotto la sfera live.
Purtroppo però nel momento di maggior estasi, durante il breakdown dell’omonima “Amongst The Low & Empty”, salta tutta la corrente. Di nuovo. Di nuovo non per oggi si intende, ma di nuovo in generale per lo Slaughter Club che pecca sempre di questi fastidiosi problemi.
Plausi per la band che mantiene la calma, conclude il brano e poi in meno di un minuto risolve tutto, per chiudere il loro set con le ultime tre canzoni: “Tower Of Torsos”, “DREAMKILLER” e “Death Whistle”. Ottima performance e locale straripante di gente nonostante sia da poco passato di Ferragosto, sicuramente da rivedere in condizioni più umane.
Setlist:
01- Absolvere
02- Malady
03- Amongst The Low & Empty
04- Tower Of Torsos
05- DREAMKILLER
06- Death Whistle
HUMANITY’S LAST BREATH
Non sono serviti gli svedesi per portare la pioggia di Odino, nonostante il sole calante le temperature sono estreme e di certo la proposta degli Humanity’s Last Breath non aiuta. Il loro death-core molto cadenzato, lento, incessante, con spruzzate lievi di industrial fa in modo che il pubblico venga completamente ipnotizzato dalla loro marcia funebre. Sicuramente il loro tipo di deathcore è unico e dal vivo lo sanno rappresentare al meglio, anche se sul palco si presentano con la felpa, cosa che al sottoscritto ha fatto venire una sincope. Scattata la foto di rito posso concentrarmi e dedicare tutte le mie attenzioni verso queste sonorità cupe e devastanti, tipiche e simbolo del loro DNA musicale.
Sul palco non si muovono molto, preferiscono un’aggressione musicale totale con brani come “Välde”, “Tide” e “Labyrinthian” per cominciare. Incitano il pubblico, ma i momenti in cui effettivamente c’è la spinta per pogare o creare circle-pit sono pochissimi. Sicuramente uno dei momenti più agitati è durante “Human Swarn”, con contro tempi perfettamente realizzati e un mixing davvero strepitoso, anche perché al contrario staremmo assistendo ad un’accozzaglia indistinta di suoni, plauso quindi al fonico per averci messo tanto del suo. Il loro brutale concerto si conclude con “Earthless”, con cui gli Humanity’s Last Breath salutano il pubblico e con tutta la band a torso nudo tranne per Filip con ancora la felpa e cappuccio (pazzo).
Sicuramente una delle realtà più interessanti ed eccentriche del panorama death-core, anche se tale definizione è fin troppo stretta. Sicuramente esperienza da vivere per capire cosa significa sperimentare senza aver paura di uscire dalle linee.
Setlist:
01- Välde
02- Tide
03- Labyrinthian
04- Abysmal Mouth
05- Bellua Pt. 1
06- Instill
07- Human Swarm
08- Passage
09- Earthless

Ho assistito per intero all’evento e non ho perso nessuna delle esibizioni, a differenza dell’autore.
Premetto che siamo tutti consapevoli del caldo di Agosto a Paderno Dugnano e nessuno è stato costretto a partecipare al We Are Deathcore, eppure il locale era pieno di persone che, pur sentendo il caldo, hanno partecipato attivamente fino all’ultimo.
Inoltre, lo Slaughter Club è dotato di ventilatori (che funzionavano) e di un’area esterna più ventilata, dunque continuare a ribadire la sofferenza a cui si è stati sottoposti è quanto meno ridondante e superfluo ai fini del report.
Parlando invece dell’evento in sé, su alcuni pareri personali espressi dall’autore mi trovo d’accordo, mentre su altri proprio per nulla: sto parlando del giudizio nei confronti dei The Big Jazz Duo.
Trovo poco professionale esprimere giudizi verso una band che non si è vista, affidandosi puramente al parere degli amici.
Parere rivelatosi tra l’altro non molto veritiero in quanto, essendo presente di persona, posso affermare che gli spettatori si siano divertiti interagendo con quei “cazzoni” della band che e la loro musica sia stata generalmente gradita.
Questo è un parere mio, dei miei fidati amici (anche loro presenti), ed era un giudizio diffuso anche tra la maggior parte degli spettatori che ho sentito parlare dopo l’esibizione.
A dimostrazione di ciò che dico, ci sono anche numerosi video che documentano la folla eccitata ed entusiasta tra wall of death, circle pit, pogo e mosh, e anche durante le pause tra le canzoni in cui i “cazzoni” coinvolgevano il pubblico come nessun’altra band ha fatto durante la serata.
Inoltre, aggiungo che ho visto numerosi concerti, tributi e dj set allo Slaughter Club, e la corrente non è mai saltata.
Ma magari sarò stata fortunata io, oppure sfortunato l’autore.
Concludo ribadendo che trovo l’articolo superficiale e soprattutto che sia poco professionale non assistere ad un concerto di cui poi si scrive il report a causa del caldo, pur sapendo che le condizioni sarebbero state quelle: evidentemente Filip degli Humanity’s Last Breath deve essere un eroe, oppure un gran professionista.