Recensione: With The Dead

Cosa aspettarsi da Lee Dorian, accompagnato da due elementi provenienti degli Electric Wizard (Tim Bagshaw e Mark Greening), se non una colata di doom stonerizzato e super-distorto? Ed in effetti in questo caso il fattore sorpresa non è nemmeno da prendere in considerazione: i With The Dead soddisfano al cento per cento le aspettative e mettono a cuocere una ricetta estremamente collaudata che proprio in una via mezzana tra Cathedral ed Electric Wizard trova la sua collocazione stilistica.

Quello che piace, fin dall’incipit lasciato alla sulfurea “Crown Of The Burning Stars”, è che i With The Dead mettono dentro la loro musica una primordiale brutalità, un’immediatezza che forse nell’evoluzione delle due band di provenienza ha, nel corso degli anni, lasciato spazio ad una maggiore, e naturale, voglia di sperimentazione.

The Cross” è più ritmata e aggressiva, un vero pungo nello stomaco, mentre “Nephthys” è acida, sabbathiana ed evocativa, perfetta per raccontare storie di antico splendore e decadenza.

Cupissima e magmatica è invece “Living With The Dead”, ma impreziosita da fondo di pisichedelia che non lascia scampo e ipnotizza totalmente. Fortunatamente arriva “I Am Your Virus” a stemperare un minimo l’atmosfera, song più diretta e quasi melodica, anche se sempre giostrata su una distorsione di suono pazzesca.

Screams For Your Own Grave” chiude con la veemenza di un urlo disperato: lunga più di otto minuti e a tratti di una lentezza ossessiva, come nella migliore tradizione del genere. Un’inquietante colonna sonora horror.

Un’uscita che per l’ennesima volta non inventa nulla, ma si dimostra capace di tenere alta la qualità, assemblando il meglio di un passato che ancora non pare aver esaurito la propria spinta creativa.

Riccardo Manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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