Generation Kill – Recensione: We’re All Gonna Die

Già autori di un discreto debutto qualche tempo fa i Generation Kill sono una band nata nel 2006 dalla collaborazione tra il singer attuale degli Exodus Rob Dukes e Rob Moschetti (Pro Pain, M.O.D.). Con queste credenziali non è difficile immaginare che cosa offrano i nostri al mondo della musica, ma va riconosciuto loro di aver cercato il più possibile di non cadere nella più scontata riproposizione di schemi ormai del tutto invecchiati.

Tra momenti puramente derivati dal più prevedibile thrash/groove metal (“Friendly Fire”, “Born To Serve”) e altri decisamente più melodici e accostabili al post-metal degli anni novanta (o ai contemporanei Stone Sour) i Generation Kill confezionano un lavoro per nulla sorprendente, ma comunque piacevole all’ascolto e di digeribilità tutt’altro che complessa.

Le armonie malinconiche e avvolgenti di una “Prophets Of War”, irrobustita da un finale in crescendo, ma anche il thrash ritmato e venato di solido groove di “Vergas” e la lunga cavalcata di “There Is No Hope” ci paiono essere i momenti migliori di un lavoro tutto sommato positivo.

Un sound azzeccato, qualche song sopra la media e un buon gusto melodico sono probabilmente tutto quello che era lecito attendersi da questa uscita palesemente pensata per non essere di rottura. E puntualmente i Generation Kill hanno centrato tali obiettivi, meritandosi quindi un plauso e quel sostegno che va di base a chi suona con passione e voglia di trasmettere emozioni.

Voto recensore
6,5
Etichetta: Nuclear Blast

Anno: 2013

Tracklist:

01. Born to Serve
02. Prophets of War
03. Death Comes Calling
04. Friendly Fire
05. Carny Love
06. Vegas
07. There Is No Hope
08. We're All Gonna Die


Sito Web: https://www.facebook.com/Generationkillofficial

riccardo.manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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