Il secondo giorno del WGT è tradizionalmente quello all’insegna dello “sbattimento” maggiore per cambio di location e numero di concerti seguiti, ma sarebbe uno spreco non sfruttare tutte le occasioni possibili una volta che i calendari delle esibizioni offrono degli incastri decenti. La giornata inizia nella mia location preferita, la piccola arena del Parkbuhne, non il massimo come capienza, ma con un’acustica tale da fare invidia a ben più blasonate strutture e una stupenda cornice di verde intorno.
L’apertura tocca ai bravi connazionali Vlad In Tears, reduci dalla presentazione del loro album “Underskin”, terzo lavoro in studio che apre la strada ad un nuovo work in progress al momento in fase di registrazione. Sebbene non abbiano una carriera lunga e costellata di successi alle spalle, si impongono sulla scena gothic metal con un prodotto semplice, scorrevole, privo di virtuosismi e fronzoli. Buona musica da ascoltare, insomma…davvero ottime le performance di “You Will Burn My Dream”, “You’ll Come Back To Me” e “See Through The Darkness”.
Subito dopo i ViT, a calcare il palco del Parkbuhne sono gli australiani Ikon, presenti giusto giusto da un ventennio sulla scena darkwave internazionale (la loro fondazione risale al 1991). In questi due decenni di produzione, gli australiani sfornano sei album, alcuni in special edition per mercati più fortunati (Giappone, Germania, Russia) e cinque EP, esibendosi sui palchi di mezzo mondo. Molto interessante è la loro vena coveristica, che li fa comparire in numerose compilation-tributo. Chris Mc Carter, colonna portante del gruppo (voce e chitarra) ha messo su parecchi chili arrivando ad essere soprannominato “Egg” per la particolare forma del suo cranio, ma la sua voce non ha subito variazioni fortunatamente, regalandoci perle del calibro di “I Never Wanted You”, “Echoes Of Silence”, “Garden Of The Lost”, “Rome” e “A Line On A Dark Day”. Iconici, il loro nome non potrebbe rappresentarli meglio.
Dopo le ottime performance di Vlad In Tears ed Ikon,sul palco dell’arena nel cuore di Parkbuhne è la volta dei teutonici Lacrimas Profundere. Il loro concerto è per me il quinto, li seguo molto volentieri ogni qualvolta ne ho la possibilità (anche se ho iniziato ad interessarmi a loro solo dopo il cambio del vocalist avvenuto nel 2007). I poliedrici Rob Vitacca e soci, dopo essersi ormai staccati dalle loro origini doom (anche se alcune sonorità sono un collegamento diretto coi loro albori nel lontano 1993) presentano il loro ottavo album, “The Grandiose Nowhere”, uscito a fine 2010 per l’etichetta Napalm Records, che nel 2001 ne intuì le enormi potenzialità e li mise subito sotto contratto, sebbene la loro produzione in quel periodo fosse ancora molto di nicchia. Sul palco propongono una variegata selezione di pezzi storici ed estratti dal nuovo diaco, in un mix azzeccatissimo e coinvolgente in cui non mancano la classica “Ave End”, il singolo del 2008 “A Pearl”, “The Letter”, “Again it’s Over” e “Sarah Lou”. Gli scrosci di applausi sono stati davvero ben meritati, per loro.
Subito dopo la chiusura del concerto dei Lacrimas Profundere, la tappa è verso l’auditorum Felsenkeller, nel secondo giorno dedicato alle sonorità neofolk, per ascoltare un concerto che definire esperienza mistica è ancora dire poco. I nostrani Spiritual Front, che come ogni gruppo italiano di livello riscuotono più successo all’estero che in patria, presentano nella ventesima edizione del festival il loro “Rotten Roma Casinò”, che bissa a livello qualitativo e sonoro il fortunatissimo “Armageddon Gigolo’ “. Nonostante ascolti gli Spiritual Front da parecchi anni questo per me è il loro primo live, escluse le parentesi da dj del frontman Simone Salvatori col quale si è instaurato un rapporto di stima e fiducia reciproca. La loro tracklist accontenta un gremitissimo autiorium, nel quale anche bere un bicchiere d’acqua o uscire per una pausa sigaretta diventa un’impresa epica (i più si son tenuti la sete ed hanno fumato all’interno), iniziando con “Shining Circle”, “Cold Love In a Cold Coffin”, la famosissima “Walk The Dead Line”, eseguita magnificamente, “Dark Room Friendship” seguita dall’altrettanto famosa “Jesus Died In Las Vegas”, “Kiss The Girl”, “Hey Boy”,”Song For The Old man”, “German Boys”, “Soulgambler”, “Slave”, “No kisses” per chiudere con l’intensissima “Bastard Angel”. L’unico rammarico è che un’ora di emozioni sia davvero troppo poca per tutto ciò che i nostrani trasmettono. Il loro nihilist suicide pop ti segna l’anima come una rasoiata che non ci tieni a far guarire.
Per concludere la serata si va verso la Halle 15 della Alte Messe, che quest’anno sostituisce il Kolrabizircus per il concerto degli svedesi Tiamat, degna chiusura di una giornata al top. Nonostante le capienti dimensioni, il capannone fieristico fatica a contenere la gente in attesa di Johan Edlund e soci, sebbene gli stessi non abbiano alcuna novità da proporre al pubblico dalla pubblicazione di “Amanethes” nel 2008. Tuttavia sul palco ci mettono impegno, carisma e sudore per prendere al massimo un pubblico esigente che premia con molto calore la loro performance. Il gruppo sceglie di non prediligere un particolare album nell’esecuzione magistrale della setlist, che fila con la potenza di una cascata, da “Fireflower”, a “Cain”, a “Divided”, da “Brighter Than The Sun”a “Cold Seed” per concludere col trittico “Wings Of Heaven”, “The Sleeping Beauty” e la spettacolare “Gaia”. Ogni singolo applauso è stato meritatissimo, in fondo 22 anni di attività sui palchi di tutto e il mondo e 20 pubblicazioni tra album, singoli e un dvd ti fanno accumulare un bel po’ di esperienza, ottimamente messa a frutto, direi.
E mentre Marco visita numerose location e si dedica a sonorità differenti, noi scegliamo il piccolo club Werk II, che quest’anno ospita la maggioranza dei concerti post-punk e death rock. E quelli a cui andremo ad assistere sono ottime performance di genere che vedono di fronte due realtà che non hanno bisogno di presentazioni. I “giovani” Cinema Strange (per quanto abbiano già più di quindici anni di storia) e i vecchi leoni The Damned, pronti a far sentire il loro ruggito direttamente dalla scena punk 77 britannica.
I Cinema Strange sono un gruppo misterioso, non solo perché buona parte della loro performance è coperta da una nube di fumo, ma anche in forza di un look che richiama alla mente i personaggi horror dei vecchi film muti. La presenza scenica è dunque molto curata e con un istrione come Lucas Lanthier a guidare la compagine statunitense, non poteva che essere così. Il loro death rock attinge tanto dal post-punk quanto dalla musica classica ed è più crepuscolare che chiassoso. Inoltre la band ha un’interessante prerogativa a livello lirico, quella cioè di narrare favole in una versione noir, tralasciando i non morti tanto cari ai loro colleghi. Lo show di Lipsia è energico e molto sentito da parte dei nostri, che snocciolano numerosi successi tra cui “Lindsay’s Trachea”, “En Hiver” e “Greensward Grey”. Durante lo spettacolo c’è anche il tempo di omaggiare i Black Sabbath, citando l’intero refrain di “War Pigs” e per una breve comparsata, quella di Frank Vollmann (Frank The Baptist), che intona con Lucas una decadente versione di “Happy Birthday”. Che mattacchioni questi dark, eh?
The Damned: un’icona non soltanto per il punk ma anche per la scena gotica, grazie in particolare alle influenze portate nel gruppo dal vocalist Dave Vanian e al suo inconfondibile crooning. Chi lo ricordava con il tipico ciuffo metà bianco e metà nero, potrebbe essere rimasto deluso questa sera ad osservare un signore sulla cinquantina con i capelli corti e quasi grigi, ma l’energia è sempre quella di un tempo, per lui e per tutta la band. Sì sa, i mostri sacri non suonano soltanto con l’intento di offrire tecnica, ma si divertono e coinvolgono tutti in una grande festa. Ed è proprio quello che è successo in occasione del Wave Gotik Treffen. Sul palco del Werk II abbiamo visto un ensemble che riesce a trascinare i presenti, a prendere tutto lo spettacolo con grande ironia e a far sì che nessuno (musicisti compresi) stia fermo un attimo. Si parte alla grande con “Street Of Dreams”, dal capolavoro “Phantasmagoria”, disco che di fatto ha decretato il passaggio dal punk al gothic rock, ed è poi un susseguirsi di successi, dalla rutilante “New Rose” a “Eloise”. Il divertimento è assicurato, con Dave Vanian a guidare la carovana inglese insieme all’inossidabile, simpaticissimo Captain Sensible (che sembra più interessato ad osservare le bellezze teutoniche ed offre agli astanti un improbabile elisir di lunga vita per soli 50 euro!) e al folle tastierista Monty Oxy Moron. Uno show di lusso, ottimo sotto ogni punto di vista.
Report a cura di Andrea Sacchi e Marco Turi
Fotografie di Marco Turi – Ritualart