Sembra quasi di sentire un sapore di polvere e cenere in bocca, in effetti, mentre si ascoltano i brani del nuovo disco solista di Warren Haynes. Non è però un sapore cattivo, precisiamo, ma solo il sapore di una terra lontana per distanze geografiche, che diventa all’improvviso talmente vicina a noi da poterne sentire, appunto, anche il sapore in bocca. Questo è già un presupposto importante per un disco che, come ha dichiarato il suo autore principale, è composto da brani scritti nel corso degli anni (alcuni sono vecchi anche di due o tre decadi), accantonati perchè non utilizzati negli album dei Gov’t Mule e portati, finalmente, all’attenzione che meritano in questo lavoro solista.
Il frontman dei Gov’t Mule non si è discostato di molto dal suo genere preferito, e i brani di “Ashes & Dust” sono tutti improntati con forza su un rock blues che a tratti sconfina nel folk e nel southern rock. Praticamente assenti le chitarre elettriche, non mancano invece strumenti come armonica, percussioni e violini, così come è lunga la lista degli ospiti speciali di riguardo. Il nome più noto per chi segue il genere è senz’altro quello di Oteil Burbridge, bassista della ormai defunta Allman Brothers Band, che partecipa alla lunga “Spots Of Time”, scritta da Haynes a quattro mani insieme a Phil Lesh dei Grateful Dead. E’ difficile stilare una graduatoria dei brani meglio riusciti, brani che, nonostante siano stati scritti in periodi diversi della carriera del cantante / chitarrista, risultano frutto di uno stile molto omogeneo. I fan dei Gov’t Mule e del blues in generale apprezzeranno comunque l’impressione di trovarsi di fronte a brani dove l’improvvisazione ha uno spazio importante, dove ogni nota non è mai messa a caso e dove non c’è il bisogno spasmodico di riempire ogni spazio vuoto con una cascata di note. Nella loro essenzialità, tracce come “Blue Maiden’s Tale” o “Stranded In Self – Pity” lasceranno comunque il segno e faranno innamorare di sè nel giro di pochissimo tempo.
Visto dall’esterno, “Ashes & Dust” sembra un po’ un mattone, un disco lungo per numero dei brani e la loro durata (molte le tracce che durano sette o otto minuti); in realtà non c’è niente di pesante in tutto questo, e basterà un attimo per cadere nel vortice della voce ammaliante di Warren Haynes e lasciarsi conquistare da questo ennesimo, ottimo prodotto di blues.
