Recensione: Skald

Terminata la trilogia “Runaljod”, dedicata ai poteri magici delle rune e alla loro interpretazione, i Wardruna dell’ex-Gorgoroth Einar “Kvitrafn” Selvik, tornano sul mercato discografico con “Skald”, il quarto album in studio.

A differenza delle release precedenti, questa volta Einar è accreditato come unico membro del gruppo e propone una rilettura di miti e poesie dell’antichità nordeuropea esclusivamente attraverso l’uso della voce e di strumenti a corda. Un ascolto dunque particolare fin nella sua natura, che potremmo dire appartenente al filone folk/ambient e solo marginalmente riconducibile (le uniche continuità sono di carattere lirico) alla musica pesante che ben conosciamo.

Tra brani nuovi (o almeno musicati) e reinterpretazioni di episodi già noti ai fans (spicca la bella “Fehu”), il mastermind attraversa storia e leggenda della sua terra natale con un approccio intimo e malinconico scandito dalla voce baritonale. Arpe e lire in primis, tessono una materia musicale affascinante, spoglia da ogni orpello e vicina alla tradizione dettata dai tempi che furono.

Inutile dire come Einar debba puntare tutto sull’impatto emozionale, preferendo un folclore di certo cupo e razionale, piuttosto che movimentato e festaiolo come quello più alla portata del pubblico. “Skald” non sempre però riesce a rendersi coinvolgente. Alcuni episodi sono piacevoli e incantano, come la dolce “Voluspà” o i movimenti epici di “Vindavla”, altri invece peccano forse di presunzione. Prendiamo ad esempio “Sonatorrek”, quasi sedici minuti di cantato recitante e mantrico che inevitabilmente, genera punte di noia.

“Skald” è un disco con luci ed ombre. Un album onesto nelle intenzioni, tuttavia consigliabile solo ad una nicchia di pubblico ben precisa, che contempla tali espressioni nei propri gusti personali. Evitiamo un giudizo numerico e lo consigliamo ai vichinghi e alle valchirie che seguono il nostro portale.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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