Warbringer – Recensione: Weapons Of Tomorrow

I Warbringer, pur essendo passati attraverso momenti non facili e parecchi avvicendamenti di line-up, sono ormai da anni una delle migliori e più solide realtà del thrash contemporaneo. La principale motivazione che ha permesso loro di raggiungere e mantenere un certo status è probabilmente la consapevolezza di muoversi in un sentiero piuttosto ristretto: da un lato infatti il codice stilistico prescelto prevede una certa mancanza di originalità, visti i necessari richiami alla tradizione del genere, dall’altro c’è comunque la necessità di distinguersi dai tantissimi e spesso molto simili tra loro onesti operatori dell’underground che popolano l’attuale scena musicale globale. Le due armi con cui i nostri hanno combattuto e vinto questa difficile battaglia sono la varietà, che si concretizza in sfumature meno prevedibili, per quanto non del tutto innovative, e la necessaria qualità nel songwriting, discriminante imprescindibile per cui una band può affermare di scrivere canzoni e non di attaccare solo riff e ritmiche sparatissime.

Questo nuovo “Weapons Of Tomorrow” conferma quanto appena detto e lo fa già nelle prime tracce in scaletta, visto che nello spazio temporale che copre l’iniziale “Firepower Kills” e la lunga “Defiance Of Faith” la band copre un range espressivo notevole, che passa dalle ritmiche superveloci al groove incalzante, a rallentamenti quasi epici, ma senza dimenticarsi assoli ben incastonati che mettono in mostra sia gusto armonico che buona tecnica e qualche rifinitura melodica nel sound che si porta dietro la lezione del melodic death/black metal. Tutto questo fa dei Warbringer una band che riesce con disinvoltura a citare credibilmente i grandi mostri dell’american thrash e allo stesso tempo suonare sufficientemente moderna da non diventarne un semplice e tardivo epigono.

Come non uscire soddisfatti dall’ascolto di un album che dopo una fucilata slayer-oriented come “Unraveling” riesce senza battere ciglio a controbilanciare con un brano lungo, straordinariamente evocativo e strutturato con estrema abilità come “Heart Of Darkness”. A fare da collante e marchio di fabbrica tra tutte queste diversità contribuisce la voce di John Kevill, che senza dubbio è uno degli interpreti più riconoscibili del genere e che, senza mai andare troppo verso la melodia, riesce comunque a dare carattere e personalità alla sua interpretazione. Una bella prova, che farà solo godere chi questo genere lo ama da sempre suonato e pensato in un certo modo (perché di veramente “originale” qui non c’è una nota, sia chiaro), ma non si accontenta della solita minestra riscaldata.

Etichetta: Napalm Records

Anno: 2020

Tracklist: 01. Firepower Kills 02. The Black Hand Reaches Out 03. Crushed Beneath The Tracks 04. Defiance Of Fate 05. Unraveling 06. Heart Of Darkness 07. Power Unsurpassed 08. Outer Reaches 09. Notre Dame (King Of Fools) 10. Glorious End

riccardo.manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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