Wacken Open Air 2016: Live Report del Day 2 con Blind Guardian, Unisonic, Testament & more

I live report di Axel Rudi Pell e Blind Guardian sono a cura di Fabio Guarnieri.

Altra pioggia alternata a sole e vento, che trasforma parte del terreno nel famoso sentiero fangoso che chi ha vissuto il Wacken 2015 conosce molto bene, e una serata più fredda della precedente sono i tratti distintivi della giornata del venerdi al festival tedesco. Anche questo giorno porta comunque moltissime band interessanti, alcune delle quali sono passate da poco dall’Italia, altre ci torneranno a breve e altre forse torneranno o forse no.

Poco dopo mezzogiorno Henry Rollins sotto il tendone del Bullhead City Circus catechizza i presenti con l’ultimo dei suoi tre monologhi. Il concetto che Rollins vuole trasmettere è quello di rendere straordinaria la nostra vita quando il festival sarà concluso, tutte le infrastrutture saranno smantellate e noi saremo tornati ai nostri luoghi di origine e alla nostra vita quotidiana. Il monologo diventa anche un’occasione per ricordarci l’importanza della salvaguardia di specie animali in via di estinzione e si riempie di racconti di viaggio di Rollins, che appena può ama esplorare il mondo zaino in spalla come un vero avventuriero. Ci sono comunque anche alcuni riferimenti al mondo musicale, ad esempio quando Rollins racconta del suo legame con Philomena Lynott, che lui definisce “la mia nonna irlandese”.

Tocca poi ai Der Weg Einer Freiheit, e si passa subito al gioco pesante. La band si butta nella mischia nonostante sia a malapena ora di pranzo (il che, per gli orari di Wacken, vuol dire che è mattina presto) e martella i presenti con il black metal di cui sono fieri portatori.

Di tutt’altro impatto l’esibizione dei The Vintage Caravan, giovanissimo terzetto di islandesi che si slancia sul palco con tutta la carica e l’entusiasmo che la loro giovane età porta con sè. Esplosivi e dinamici, i The Vintage Caravan portano in scena il loro hard rock colmo di venature psichedeliche e di sonorità moderne, per un’esibizione (la seconda per loro a Wacken) affascinante e coinvolgente.

 

Nel frattempo, sui palchi principali si stanno preparando un pomeriggio e una serata di quelle difficili da dimenticare. Un momento molto interessante, soprattutto considerando che il personaggio in questione non passa spesso dall’Italia, è l’arrivo sul palco di Axel Rudi Pell e della sua band. Axel è molto amato in patria e si presenta davanti al suo pubblico con una scaletta antologica molto ben assortita. Johnny Goieli, uno di quei cantanti che chi bazzica il mondo del rock melodico conosce molto bene, dà il meglio di sé alla voce e lo stesso Axel sforna i suoi assoli sempre virtuosi ma allo stesso tempo melodici. La doppietta composta da “Nasty Reputation” e “Strong As A Rock“, insieme alla conclusiva “Rock The Nations” sono i brani più riusciti.

Non sono certo una novità per chi frequenta l’ambiente dei live, ma comunque è sempre un piacere rivedere le Girlschool in azione. Nel tempo a loro disposizione sul W.E.T. Stage, le quattro rocker britanniche si scatenano con la loro solita grinta, anche se all’inizio del set sembra di percepirle leggermente meno allegre e sorridenti del solito, una sensazione che comunque si stempera in fretta. Le quattro eterne ragazze dedicano “Come The Revolution” alle vittime del Bataclan e “Take It Like A Band” all’amico di sempre Lemmy, e inanellano uno dopo l’altro estratti dal loro repertorio più o meno recente come la frenetica “Emergency“, “Demolition Boys” e “Hit And Run“. Per chi se le fosse perse, niente paura, le rivedremo sui nostri palchi in autunno insieme ai Saxon.

Il pubblico, che fino ad ora è rimasto relativamente tranquillo anche se abbastanza numeroso, inizia a scatenarsi quando entrano in scena gli Ektomorf con il loro thrash metal primordiale e  brutale, ormai un marchio di fabbrica per gli ungheresi e la loro ormai sostanziosa carriera.

Ci sono la bandiera israeliana e quella libanese appoggiate una di fianco all’altra alla transenna. Questo è uno di quei piccoli miracoli che succedono a Wacken, e soprattutto grazie ai messaggi di pace e fratellanza trasmessi dagli Orphaned Land. Aiutati da ottimi suoni e da un pubblico molto partecipe, Kobi Farhi e il resto della band presentano una manciata di brani appartenenti quasi tutti al repertorio storico della band, con estratti soprattutto da “Mabool“. Da notare anche la presenza di una bellissima danzatrice orientale, libanese a sua volta, che interviene in un paio di occasioni e sottolineare il connubio che caratterizza la musica degli israeliani, fra metal e tradizione mediorientale. Promossi su tutta la linea.

Quando abbiamo letto che sul Party Stage (la zona dell’Infield più colpita dal fango a dirla tutta) si sarebbe esibito il progetto Kai Hansen And Friends, ci siamo domandati di che cosa si trattasse effettivamente. La sorpresa è stata soprattutto una, arrivata quasi a fine concerto, ed è stata la partecipazione nientemeno che di Michael Kiske, che è salito sul palco insieme ad Hansen per cantare due pietre miliari del repertorio degli Helloween come “I Want Out” e “Future World“. Questa esibizione è in un certo modo complementare a quella successiva degli Unisonic, nella quale ritroveremo Hansen e Kiske insieme; ad ogni modo gli XXX, questo il nome del nuovo progetto di Hansen, hanno pronto un album, che pubblicheranno in settembre e da cui attingono a piene mani per il proprio set. C’è “The Contract Song“, un brano abbastanza veloce e con sonorità tipicamente hard rock, o il mid tempo veloce di “Burning Bridges” seguito subito dalla veloce “Follow The Sun“. Insomma, le premesse sono decisamente buone. Si aggiunge anche l’ospite speciale nella figura di Frank Beck, attuale cantante “di appoggio” nei Gamma Ray, e c’è tempo per un altro paio di cover degli Helloween come “Ride The Sky” e la difficilissima “Victim Of Fate“.  Un set interessante, che ottiene moltissimi riscontri positivi soprattutto per il fatto di rivedere insieme Hansen e Kiske come ai vecchi tempi, e non è veramente roba da poco.

I Blind Guardian giocano in casa e sono quindi una delle band più attese di tutto il festival, anche se questa non è la prima volta per loro sui palchi di Wacken. Questa esibizione fa comunque sorgere una domanda: i Blind, nonostante la crescente popolarità, sono mai stata una band adatta alle grandi arene? La risposta non è del tutto positiva…
La band si presenta comunque davanti al suo pubblico aprendo con la recente “The Ninth Wave“, pezzo non proprio adatto a riscaldare il pubblico. Nonostante prosegua con alcuni brani eccellenti, come “The Script For My Requiem” o “The Last Candle“, tra l’altro tecnicamente ben eseguiti, il tiro non è quello giusto, anche a causa della lentezza dell’esecuzione e della prova di Hansi, a tratti esaltante ma in altri non del tutto convincente a causa di uno strano falsetto con cui affronta alcune vocals.
Sicuramente migliore e più tirata la seconda metà del live, basata tutta su vecchi classici, e come sempre “The Bard’s Song” e “Valhalla“, con cui si conclude l’ora e mezza di concerto, esaltano il pubblico. In realtà, a fronte di un’ottima prova dal punto di vista della tecnica, si sarebbe potuto fare qualcosa di più.

Se gli XXX sono stati l’antipasto, il concerto degli Unisonic è il piatto principale. Michael Kiske è in forma smagliante e, unendo questo live con il precedente, si ha l’impressione che possa veramente covare qualcosa sotto la cenere per la presenza costante di Kai Hansen alla chitarra. Se, come ha annunciato la band a inizio anno, gli Unisonic hanno in programma pochi concerti per il 2016, questo momento acquista un altro carattere di unicità. Nell’obbligato paragone tra Unisonic + Hansen e attuali Helloween, sono i primi a vincere nettamente, sia sotto il profilo della tenuta scenica (il carisma dei due musicisti è difficile da superare), sia da quello dei brani presentati. Potrebbero insomma succedere molte cose nell’immediato futuro.

E’ passata l’una di notte, il fango imperversa e la stanchezza si fa sentire, ma c’è ancora tempo per apprezzare l’esibizione dei Testament, un vero e proprio massacro sonoro di cui Chuck Billy è un comandante rodato. Niente anticipazioni dal nuovo album, “The Brotherhood Of The Snake”, ma una carrellata di pezzi storici da cui attingere per un’ora e mezza in compagnia di una delle band più importanti del thrash storico. Un degno modo di chiudere la giornata.

anna.minguzzi

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E' mancina e proviene da una famiglia a maggioranza di mancini. Ha scritto le sue prime recensioni a dodici anni durante un interminabile viaggio in treno e da allora non ha quasi mai smesso. Quando non scrive o non fa fotografie legge, va al cinema, canta, va in bicicletta, guarda telefilm, mangia Pringles, beve the e di tanto in tanto dorme. Adora i Dream Theater, anche se a volte ne parla male.

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