Voices – Recensione: Frightened

Sarà pur vero che che nothing comes easy, ma qui si esagera. L’impressione iniziale, ascoltando il terzo disco dei Voices (a ben 4 anni dall’ultimo “London“, e dopo la recente reunion degli Akercocke), è di sgradevolezza ricercata con cura e conservata gelosamente, che, nello sfumare, lascia un retrogusto di idee ambiziose mescolate in modo confuso.

Certo, “Frightened” non si addice a chi va di fretta, ma i molteplici riferimenti, il clima generalmente cupo e malinconico, la testardaggine nel mutar forma ai pezzi in corsa rendono il percorso se possibile più ostico. Prendiamo “Unknown“, il pezzo che apre il disco: inizialmente una chitarra carica di effetti sostiene un sound che richiama gli Ulver di “The Marriage of Heaven and Hell”, poi irrompono, in sequenza: ululati degni dei primi Ghost Bath, un growl feroce che si dibatte dentro una sequenza di riff prog ed infine un delizioso refrain che accompagna il brano alla conclusione. “Rabbits Curse” prende invece a modello i Kayo Dot e li applica su una composizione  monocorde a cui viene contrapposto un arrangiamento di ricchezza sorprendente, mentre Evaporated incorpora elementi dei Dødheimsgard di A Umbra Omega, per deragliare meravigliosamente in un finale new wave alla Killing Joke.

A questo punto (e sono passate appena tre canzoni) i porti da cui si è partiti sono già lontani, e gli approdi nemmeno immaginabili, perché “IWSYA” è a tutti gli effetti una ballata orchestrale buona per il repertorio più recente di Ihsahn, che mantiene ma un’invidiabile orecchiabilità anche in seguito all’irruzione di un esangue cantato scream e dei sintetizzatori. Se la breve madrigale acustica “Fascinator” procede con semplicità ed eleganza, “Dead feelings” gioca la carta di un ritornello che omaggia il David Bowie di “Outside” (con tanto di fascinosa coda elettronica), mentre gli Ulver (stavolta quelli di “The assassination…”) emergono ancora prepotentemente in “Manipulator”, di fatto la canzone più accessibile del lotto.

Purtroppo, visto il numero di idee proposte al minuto, il terzo Voices è un disco dalla lunghezza eccessiva per l’ascoltatore medio, che si trova esausto già a due terzi del viaggio, indifferente alla teatralità psicotica che pervade i sei minuti di “Home Movies“, irritato per i continui dejavu di stile in “Sequences“, poco incline a seguire i pure interessanti pattern ritmici di “Funeral Day” (peccato, ascoltato singolarmente rimane un buon numero dalle sfumature dark).

Footsteps” chiude il disco, e qui finalmente la forma canzone può dipanarsi liberamente, seguendo un percorso più malinconico che cupo, con una melodia aerea degna del Devin Townsend più trascendentale si intreccia ad un solenne incedere di archi. Si rimane confusi, alla fine di “Frightened”, convinti, anche dopo ripetuti ascolti, di non essere riusciti a coglierne il significato reale e le innumerevoli sfumature. Resta comunque la certezza di trovarsi di fronte ad un lavoro complesso (o almeno da Complexity, se bazzicate i festivals), costruito con cura, serietà ed una buona dose di coraggio.

Voto recensore
7.5
Etichetta: Candlelight Records

Anno: 2018

Tracklist: 01. Unknown 02. Rabbits Curse 03. Evaporated 04. IWSYA 05. Dead Feelings 6 Manipulator 7 Funeral Day 8 Fascinator 9 Home Movies 10 Sequences 11 Footsteps
Sito Web: https://www.facebook.com/voiceslondon/

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