Gli Unleashed stanno vivendo una seconda giovinezza. La band, che resta fra le più sottostimate tra quelle emerse dalla scena death svedese degli anni ’90, mostra infatti da tempo uno stato di forma invidiabile, sia in studio che live. Il suo nuovo lavoro “No Sign Of Life” replica in positivo quanto già visto tre anni fa, in occasione dell’uscita dell’ottimo “The Hunt For White Christ”.
Un disco tiratissimo, che condensa le proprie 11 tracce in meno di 40 minuti di durata. La sarabanda infernale orchestrata da Johnny Hedlund si muove fra ritmiche forsennate e riff ultra-taglienti: gli unici stacchi sono dominati da melodie tetre e inquietanti. E quando i pezzi non spingono troppo sull’acceleratore, sono governati in ogni caso da un ché di diabolico.
“The King Lost His Crown” e “The Shepherd Has Left The Flock” non lasciano un attimo di respiro. “Where Can You Flee?” e “You Are The Warrior!” rallentano, ma mantengono inalterato il tasso di cattiveria e malignità che contraddistinguono questo album. E dopo l’esplosione della title track, nemmeno il lungo finale strumentale di “Here At The End Of The World” può apparire rasserenante.
“No Sign Of Life” è un titolo altamente simbolico, un filo conduttore con quel “Where No Life Dwells” che rappresenta il primo, inarrivabile capolavoro degli Unleashed. Un cerchio che si chiude dopo 30 anni esatti, ma che lascia ben sperare per i prossimi passi di una band assolutamente ispirata, che di pensione proprio non ne vuol sentir parlare.