Prima dell‘uscita del nuovo album ho avuto l’onore di fare due chiacchere con il frontman degli Unearth, una band che rispetto moltissimo nell’ambiente. Nonostante il poco tempo a disposizione, siamo riusciti a toccare argomenti molto importanti e che mai mi sarei immaginato di affrontare con un cantante metalcore.
Come stai?
Sto benissimo grazie, ora ci troviamo in Germania!
Mi dispiace per ieri con la data cancellata a Parigi.
Beh sono cose che succedono, colpa dei due promoter per motivi stupidi riguardo l’annuncio troppo presto della data, ma sinceramente non ho capito benissimo nemmeno io il motivo. Per il resto il tour comunque sta andando bene, quindi non posso lamentarmi. Sicuramente non lavoreremo più con loro per le future date in Francia.
Ma per tornare alla tua domanda io sto bene, soprattutto dopo la giornata di riposo forzata di ieri, ho visitato Parigi e un bellissimo castello medievale questa mattina in Germania insieme ai Misery Index. Davvero, mi sto divertendo.
Ottavo album in uscita tra poco e più di 20 anni di carriera, che sensazioni ti fa provare questo traguardo?
Siamo in giro da tanto tempo con altrettanti dischi, compresi i due E.P. e il DVD, senza contare gli innumerevoli concerti che abbiamo tenuto in tutto il mondo, siamo sicuramente felici di poter ancora svolgere questo lavoro scrivendo la miglior musica che siamo in grado di fare nel mondo hardcore-metal.
È anche il primo album senza lo storico Ken Susi…
Beh, Buz ha tirato fuori davvero dei pezzi fantastici, probabilmente le sue migliori idee in assoluto con gli Unearth. È un disco molto più dinamico degli altri, scritto in modo differente rispetto al passato dandomi la possibilità di cantare con un intonazione della voce nuova. Infatti anche da parte mia c’è molta più vivacità con stili diversi. Ci siamo spinti molto più in là per rendere questo nuovo album davvero unico nella nostra discografia, mantenendo ovviamente la nostra essenza.
Effettivamente ascoltando il disco si nota una vena molto più aggressiva rispetto al passato.
Abbiamo cercato di spingerci più in là possibile, migliorando ancora di più le nostre capacità di musicisti. Come detto poco fa, è il nostro disco più dinamico di sempre. Considera anche che avevamo sedici canzoni scritte e registrate, ma poi ne abbiamo scelte undici per cercare di rendere “The Wretched, The Ruinous” il più coeso possibile.
Nonostante ciò, il risultato è come sempre un ottimo album alla Unearth, come vi siete trovati in questa nuova line-up?
Non è proprio una nuova line-up, Mike Justain (batteria nda) è una nostra vecchia conoscenza che ha suonato in passato con noi per cinque anni, mentre Chris (basso nda) ormai è con noi da quasi dieci anni. Mike ha eseguito un lavoro fantastico alla batteria, è davvero un ottimo musicista. È stato bello riunirsi insieme a lui e riprendere dove ci eravamo lasciati qualche anno fa, eravamo quasi dei trentenni e ora siamo tutti oltre i quaranta con mentalità affini. Fortunatamente ha continuato a suonare in questi anni con i Madball, che hanno un’ottima tempra. Poi dal vivo ci siamo subito trovati, nessuna difficoltà. Infine abbiamo Peter Layman alla chitarra che, forse non tutti sanno, ha quasi sostituito Buzz nel 2005 perché stava mollando la band per entrare in un sindacato locale. Di conseguenza nemmeno lui è una novità, tutti i ragazzi alla fine non creano una “nuova” line-up, ma ti posso assicurare che non ci siamo mai divertiti tanto come in questo momento. Siamo sempre insieme e condividiamo tutto, dalle bevute pre-concerto alla scoperta di una città come ieri per via dell’annullamento della serata.
Sono passati ben 5 anni dal precedente “Extincion(s)”, un nome quasi profetico per quello successo dopo, ma è la prima volta che si attende così tanto tempo tra due vostri lavori. È stato il covid il principale motivo per questa lunga attesa?
Purtroppo si, abbiamo dovuto tagliare di colpo il lunghissimo tour di “Extinction(s)” e siamo stati fermi per molto tempo senza suonare focalizzandoci sulla famiglia. Così abbiamo pensato solo alla nostra casa per circa otto mesi. Purtroppo abitiamo molto lontani, Chris vive in Texas ad esempio, ma comunque abbiamo tentato di fare qualche prova in streaming e io ho cercato di condividere un po’ di positività a tutti durante questo periodo. Fortuna vuole che Buzz, finita quella lunga fase, si sia sentito molto ispirato e ha iniziato da solo a scrivere il nuovo album, e nel settembre del 2021 avevamo un bel po’ di canzoni pronte. Il processo di registrazione e pre-produzione è iniziato a ottobre e per dicembre avevamo molti brani completi, così da avere qualche weekend libero. Mancava solamente la mia voce e mi sono organizzato con Will Putney giusto per completare l’opera entro giugno 2022. Dopodiché bisognava preparare le sponsorizzazioni e quant altro, finendo un lungo ciclo di un anno di gestazione del disco, ma tranquillo che già ora stiamo scrivendo materiale nuovo e non aspetterete più così tanto tempo!
Siete voi due i superstiti della band, quanto ancora avete da dire?
Sono dell’idea che noi due troveremo sempre qualcosa da dire e da dimostrare. Stanno succedendo moltissime cose nel mondo e gli argomenti non mancano. Proveniendo dalla scena hard-core c’è sempre qualcosa dell’aspetto sociale su cui discutere per il meglio della razza umana. Questo nuovo album ad esempio è proprio incentrato sull’ambiente e sulla crisi che stiamo vivendo. Anche perché è un argomento che mi sta molto a cuore: ho dei figli e voglio che crescano in un mondo migliore del mio. Mi piacerebbe essere una voce che aiuta il futuro di questo pianeta. Ti preannuncio già che il prossimo disco riguarderà un argomento diverso, ma non ti dico altro.
Siete una delle band più longeve del movimento -core e che ne hanno delineato i connotati nel tempo, ma purtroppo in Europa non avete raccolto il giusto successo. Quali potrebbero essere i motivi?
Ti dirò che personalmente abbiamo lo stesso successo un po’ in tutto il mondo, ci sono posti in USA dove proprio non riempiamo mezza sala e lo stesso capita in determinati stati europei, e ovviamente ci sono città dove andiamo più di altre. Ma detto ciò, quello che dobbiamo fare è suonare sempre al meglio, organizzare ogni qualvolta possibile tour e gestire i social nel modo in cui notizie e quanto altro siano il più possibile assimilabili dai nostri fans. Siamo impegnati nel produrre la miglior proposta per loro, questo è il nostro obiettivo. Abbiamo creato una carriera di 25 anni girando il mondo ed è una cosa che mi rende molto orgoglioso ma soprattutto felice.
Siete rimasti sempre old-school con un inserimento minimo di clean vocals, cosa ne pensi dell’evoluzione del genere?
Tutto si evolve compreso il nostro genere, la “Core Valley”. Ma ci sono ancora tantissime band che sono rimaste “true” metal-core come per gli August Burns Red, i Parkway Drive, anche se nell’ultimo disco sono leggermente più pop. I Knocked Loose, i Power Trip possiamo inserirli nel genere. Poi non sono uno che guarda le etichette, ascolto ciò che mi piace e comprendo che bisogna inserire delle tag per capire cosa stai ascoltando ma il nostro mondo è diventato così vario che è difficile inserirlo in un solo genere.
Vi ho visto diverse volte dal vivo e mi dispiace che non passiate in Italia con questo tour. Calendario troppo complicato oppure è più un discorso di costi elevati nel nostro paese?
In principio questo tour doveva essere di venticinque settimane compresa l’Italia, Milano era sulla lista, pure la Spagna ad esempio. Ma è stato un semplice problema di calendario con le altre band coinvolte, per cui abbiamo dovuto ridurre il tour a tre settimane. E come potrai capire bene, se si viaggia da soli bisogna mantenere anche i costi, ma è una cosa che ho sempre odiato scendere a compromessi. Amo suonare in Italia, Spagna ed in Portogallo perché siete persone passionali e ho solo dei bei ricordi dei concerti passati. Spero di poter tornare questa estate in qualche festival, ma non vi abbiamo saltato intenzionalmente.
Finito il tour avete qualche festival in USA, successivamente che programmi avete?
Finito il tour torniamo a casa e ci prendiamo qualche giorno di pausa. Poi riprendiamo con un tour di quattro settimane per concludere con il Milwaukee Death Fest, altre due settimane di riposo per tornare in Europa per l’HellFest, il Graspop ed un altro piccolo festival in Germania. Si arriva quindi al primo di luglio, abbiamo delle cose sul tavolo da organizzare e forse un festival in Italia.
Quando hai deciso di diventare un cantante?
A dodici anni i miei genitori mi regalarono una bellissima chitarra con un piccolo amplificatore. Da quel momento ho iniziato ad amare lo strumento e a suonare con i miei amici. Un pomeriggio poi ci siamo trovati a casa mia e c’era il microfono in mezzo alla sala prove che mio padre usava per fare delle piccole serate tra i suoi amici suonando rock ‘n’ roll e bevendo birra, così mi sono detto “devo provarlo” e mi sono innamorato subito. Così ogni volta che avevo un momento libero cantavo, sia a scuola che a casa. Dopo due anni il cantante della band di alcuni miei amici li molla prima di un concerto, mi chiamano e mi chiedono se volessi prendere il suo posto, rispondo che assolutamente volevo cantare io, così ci troviamo e proviamo “Sad But True” dei Metallica. Ero molto agitato e come ho impugnato il microfono l’ho spento dal tastino ma cantavo così forte che comunque mi hanno sentito. Il giorno dopo mi dissero che era andata bene e iniziai subito. All’inizio eravamo un gruppo di cover, poi cambiammo nome e se non ricordo male siamo riusciti a registrare anche un paio di demo con canzoni nostre. Dopo i due demo ci dividiamo in due gruppi, il nostro gruppo si chiamava “Point 04” e va in tour per qualche data, incontrando per puro caso la band con la quale creerò gli Unearth. Sentendomi cantare dal vivo mi chiesero di prendere il posto del loro cantante così, gli domandai che tipologia di musica facessero e appena li ascoltai capii immediatamente che quella era la cosa che stavo cercando. Stavo ancora andando a scuola quando iniziai con gli Unearth e ci vollero tre anni prima di vedere i primi risultati. Il primo anno andò benino, presi il diploma, il secondo anno andò molto meglio ed infine è stato col terzo anno che riuscimmo ad ottenere un contratto con la Metal Blade. Realizzammo che avevamo il potenziale per creare una carriera grazie a “The Oncoming Storm” e partimmo coi tour intorno al 2004. È stato super divertente.
Come hai allenato la voce?
Alle superiori ho iniziato a prendere lezioni di canto e mi sono unito al coro della scuola. Poi nel tempo ho preso lezioni da diversi maestri di canto fin quando non ho incontrato Melissa Cross, che è la vocal teacher di tantissimi cantanti metal, incontro che è avvenuto penso nel 2004 o 2005. Lei è stata quella che mi ha aiutato di più nella mia vita e ancora oggi la contatto, anche per questo disco le ho chiesto molti consigli: se stavo facendo bene alcune parti e le ho chiesto di darmi degli esercizi da fare per mantenere la voce, perché da quando sono seguito da lei non l’ho mai persa. Prima di incontrarla nel 2006 avevo diciannove date di fila senza un giorno di pausa e ad Amburgo mi sono ritrovato completamente senza voce. Lei mi ha dato degli esercizi di riscaldamento e di respirazione al telefono e ti giuro che sia quella sera che per tutto il resto del tour non ho più avuto problemi.
Che cosa stai ascoltando ultimamente?
I Power Trip ultimamente mi stanno gasando moltissimo, e poi c’è questa nuova band, Fugitive, che sono incredibili. Poi gli inglesi Wytch Hazel che ascolto e non sono male. Ogni tanto gli Hatebreed, gli Americana.
Grazie mille per l’intervista e spero di vederti presto in Italia!
Grazie a te e a prestissimo spero!
