Tragedian – Recensione: Master Of Illusions

Formati vent’anni fa dal chitarrista americano Gabriele Palermo (chiare sono le sue origini italiane), i Tragedian sono una band con base ad Amburgo ed una solida attività concertistica alle spalle (hanno suonato con Mob Rules, Paragon, Pagan’s Mind, Dark Sky Choir, The Unity, Q5, Burning Point, Cryonic Temple) che può oggi contare su un apporto veramente multi-culturale: oltre allo stesso Palermo, troviamo infatti in formazione il cantante venezuelano Joan Pabón, il bassista di origini polacche Dawid Wieczorek, il tastierista tedesco Denis Scheither ed il batterista italiano Nicolo Bernini. “Master Of Illusions” rappresenta dunque il quinto lavoro di una formazione che, fresca della partecipazione alla scorsa edizione del Wacken Open Air, ha saputo in qualche modo ritagliarsi uno spazio all’interno del panorama del power melodico. La loro proposta si mantiene tuttavia su binari stilistici piuttosto classici e prevedibili: veloci cavalcate alla Helloween prima maniera (“Freedom”), doppio pedale e ritornelli elementari, che sembrano prendere qualcosa a prestito dalle canzoni dei cartoni animati degli anni ottanta, vengono qui riproposti in un insieme che a fatica si potrebbe definire raffinato (“Emotions”). Se infatti il songwriting non brilla per originalità, sono soprattutto la performance grezza e non sempre irresistibile di Pabón (“The Chance”) e la produzione molto scarna a mortificare un prodotto di per sé non particolarmente robusto. Pagando lo scotto di una probabile realizzazione a distanza, le singole componenti risultano infatti più incollate insieme che armonizzate, con le parti di tastiera e chitarre particolarmente avulse dal contesto. Il contributo del fondatore Palermo, forse desideroso di portare in primo piano il suo lavoro, è quello che salta subito all’orecchio, sia in termini di ritmiche che di assoli (“Illuminate”), senza però che vi sia niente in grado di giustificare una posizione così preminente. Ed il fatto di non cercare un migliore amalgama, soprattutto quando nessuna delle singoli componenti sembra in grado di brillare di luce propria, è un errore capitale che compromette la godibilità di un prodotto realizzato comunque al risparmio e che a volte presenta una produzione semplicemente assente (“Eternal” è imbarazzante e non ci sono scuse).

L’illusione più grande – ed ingenua – che “Master Of Illusions” porta in dote è quella che un disco del genere possa rappresentare compiutamente lo stato e le capacità di un gruppo che ha evidentemente dimostrato, soprattutto in sede live, di potere e sapere fare molto di più. L’impianto di questo disco appare del tutto inadeguato a sostenerne le aspirazioni, facendo affiorare impietosamente una serie di problemi che nascondono anche l’ipotetico salvabile: alcuni brani ricercano infatti una struttura più complessa, quasi sinfonica, che avrebbe meritato di godere di una migliore messa a punto, la qualità del drumming di Bernini non è certo una scoperta ma qui risulta troppo appiattita, e lo stesso Palermo possiede una tecnica che – se avesse lavorato per sottrazione – avrebbe potuto garantire un apporto più sensibile e qualitativamente migliore al tutto. Anche se il rimpianto più grande riguarda probabilmente il lavoro di un volenteroso Scheither: alle sue tastiere sono infatti affidati alcuni dei guizzi creativi più interessanti di questi quarantacinque minuti, ma ogni tentativo di utilizzare un suono diverso per evocare un’epoca o un contesto vagamente differente finisce col perdersi in un insieme confuso (“Escaping Shadows”) in grado di triturare qualsiasi lampo di delicatessen senza lasciare scampo. Decidere di buttarsi nell’affollata arena del power con un prodotto poco ispirato, interpretato così così (“Exodo” ed i suoi cori, per non parlare della catastrofe finale che è la ballad Obscured Dreams“) e realizzato alla bell’e meglio è una scelta incomprensibile e tafazziana che ad alcuni strapperà un sorriso, lasciando però nello sconforto coloro che a questo genere affidano ricordi importanti ed aspettative di ben altro tenore. E se anche i fan più accaniti sono probabilmente disposti a concedere qualcosa in termini di innovazione ed originalità, elementi forse non prioritari per il genere, riesce difficile immaginare che un power privo di impatto, convinzione, cura e mordente possa garantirsi una forma di dignitosa e rilevante sopravvivenza.

Etichetta: Pride & Joy Music

Anno: 2023

Tracklist: 01. INTO THE LIGHT 02. ILLUMINATE 03. ETERNAL 04. AGAINST THE STORM 05. THE CHANCE 06. ESCAPING SHADOWS 07. EXODO 08. EMOTIONS 09. FREEDOM 10. OBSCURED DREAMS 11. INNER SILENCE (BONUS TRACK) 12. REACH FTS (BONUS TRACK) 13. UNITED (BONUS TRACK)
Sito Web: facebook.com/tragedianhamburg

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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