Toby Hitchcock – Recensione: Changes

Potente e carismatica, la voce di Toby Hitchcock pare fatta apposta per prestarsi a quel rock melodico buono per tutte le stagioni, cullato da un mix di convenzioni e convinzioni che lo rendono sempre simile  a se stesso, eppure capace di sopravvivere ad evoluzioni, contaminazioni, tramonti ed altre mode politicamente corrette: è dunque in questo status quo che il frontman americano dei Pride Of Lions affronta con “Changes” la sua terza prova da solista, aggiungendo il suo inconfondibile tocco ad una selezione di nuovi brani scritti per l’occasione dall’inesauribile Alessandro Del Vecchio. Elegante già a partire dall’immagine in copertina, “Changes” è un disco di rock dolce ed evocativo, che si snoda lungo undici tracce semplici, efficaci, sempre piacevoli all’ascolto anche a costo di ricorrere a qualche clichè. La ripetitività del riff che sostiene il brano di apertura (“Forward”) descrive con disarmante naturalezza la dimensione creativamente intima nella quale l’album è chiamato ad esprimersi: lontano da costruzioni grandiose ed architetture distanti, “Changes” preferisce sviluppare ogni brano a partire da una piccola idea, da una sussurrata suggestione sonora, da una ritmica brillante, lasciando all’interpretazione di Hitchcock il compito di aggiungere quel pizzico di personalità per fare – tra le onde di uno stile già ampiamente codificato – una qualche forma di differenza. Tra le sue prove migliori, in un disco che comunque lo vede sugli scudi per tutta la sua durata, si segnalano allora la balladTonight Again”, la prova orchestrale di “Garden Of Eden” e l’inaspettata energia funky sprigionata a metà scaletta dalla pimpantissima “Say No More”.

In tutte queste occasioni, il feeling dell’artista americano con il materiale proposto si dimostra così naturale e totale, che mai si ha la sensazione di una voce artificiosamente appiccicata al brano: che si tratti di una semplice e fallibile illusione non è dato saperlo… ma in fondo è anche nel travestimento e nell’artificio, come dicevano in The Prestige (2006), che sta tanta arte. La progressione tranquilla e senza scossoni con la quale passano i minuti è perfettamente compatibile con questa impostazione dolce e collinare, che vede suoni rotondi, assoli ultramelodici (“Before I Met You”, versione internazionale di un classico della musica greca) e tanti, tanti cori (“Don’t Say Goodbye”) fondersi in un insieme che è bello e senza pretese, senza che le due componenti creino una qualche forma di ambiguità né si pestino reciprocamente i piedi. Perfino la title-track conferma questa impostazione, rinunciando ad ogni esuberanza per confondersi ancora meglio con la massa melo-democratica con la quale “Changes” si identifica. La band – in parte italiana – al servizio del cantante americano dimostra sensibilità nel fornire un accompagnamento che completa la prova vocale, senza mai prevaricarla: questo è un disco che si compra solo per ascoltare Hitchcock, insomma, perché se si esclude la sua performance indubbiamente convincente (“Run Away Again” è un quadro di rara ed intensa bellezza, che quasi fa sfigurare tutto il resto) ciò che avanza è spesso espressione di una dignitosa, fluida e voluta irrilevanza.

Questo lavoro fa parte di quel gruppo di ascolti post-Covid ai quali non si chiede altro che un’oretta di musica rilassante e rassicurante, quasi consolatori nella loro testardaggine melodica, che trionfa su ogni genere di difficoltà, che non si lascia contaminare dal veleno dei titoli in prima pagina e delle critiche dei diffidenti, no, proprio non si cura. Grazie all’abilità del cantante statunitense, alla cura degli arrangiamenti e ad un inaspettato colpo di reni che caratterizza la parte finale della scaletta, la semplicità d’ascolto non si traduce mai in un’esperienza noiosa, banale o umanamente inverosimile: nonostante la produzione seriale di Del Vecchio, Hitchcock riesce ad infondere ovunque un sentimento di umanità che ci avvicina alla natura di questa terza uscita solista, convincendoci ad apprezzarne tanto la convinta interpretazione quanto la vellutata linearità. All’ascoltatore interessato a questo genere di trasporto, e disposto a rimandare ogni considerazione sulla longevità di un prodotto che sembra aver bisogno del buio per venire alla luce e del vuoto per crescere indisturbato nei nostri pensieri, “Changes” può offrirsi in tutta la sua onesta e cremosa sostanza e, davanti alla domanda ricorrente di un abbraccio fatto di note, fornire una risposta calda, avvolgente, necessaria.

Etichetta: Frontiers Music

Anno: 2021

Tracklist: 01. Forward 02. Before I Met You 03. Changes 04. Tonight Again 05. Garden Of Eden 06. Don't Say Goodbye 07. Say No More 08. Run Away Again (From Love) 09. Two Hearts On The Run 10. On The Edge Of Falling 11. Losing You
Sito Web: facebook.com/tobykhitchcock

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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