Toad – Recensione: Tomorrow Blue

La recente scomparsa, il 1° novembre di questo 2023, di Vittorio “Vic” Vergeat, chitarrista e cantante italiano di nascita e svizzero d’adozione, ci fa rendere un doveroso omaggio alla sua principale creatura musicale, i Toad. Ma andiamo con ordine. Vic Vergeat, dicevamo, era nato a Domodossola nel 1951, e fin da giovanissimo, aveva avuto una fortissima attrazione per la musica, cominciando quindi a suonare la chitarra. Da molto presto avrà numerose esperienze musicali nell’ambito del pop dell’epoca (siamo nella seconda metà dei sixties) che però avranno una svolta radicale con la scoperta di Jimi Hendrix. I primi approcci col rock avverranno a Lugano, poi si trasferirà a Londra dove farà brevemente parte degli Hawkwind. Tornato a casa, forma nel 1970 i Toad assieme al cantante Benji Jager, il bassista Werner Fröhlich e al batterista Cosimo Lampis, anch’egli italiano, pur avendo la band base in Svizzera. Per il debutto discografico la band va a registrare a Londra, presso i De Lane Lea Studios, con la produzione nientemeno che di Martin Birch. Il disco omonimo, uscito nel 1971, era uno straripante hard blues sulla scia di Cream e Hendrix. Il suo successore, quel “Tomorrow Blue” oggetto di questa retrospettiva, confermerà studio di registrazione e produttore, ma non il cantante che, frustrato per dover stare in disparte durante le maratone soliste della band, lascerà, e le parti vocali verranno sostenute da Vergeat e Fröhlich col gruppo ridotto a un trio. Il disco uscirà nel 1972, venendo ben accolto soprattutto in Germania, Svizzera e Francia e la band suonerà parecchio, anche assieme a nomi di punta come Black Sabbath e Colosseum. L’arrembante riff di “Thoughts”, il cui attacco intuisce tanto di ciò che arriverà successivamente, si sviluppa in un brano articolato, ricco di cambi e assoli, con alcuni passaggi che si potrebbero tranquillamente definire proto metal. La title track, col suo attacco così classicamente hard blues, è un tour de force di oltre 9 minuti ricca del solismo straripante di Vergeat, coadiuvato alla perfezione da un basso potente e fantasioso e una batteria di grande efficacia. La successiva “Blind Chapman’s Tales” mostra il lato più intimo e acustico della band, con tanto di violino in accompagnamento, ma “Vampires” riprende con un potente hard rock ad echi Grand Funk/Deep Purple, pur non mancando un break acustico centrale. Analoga andatura per l’hendrixiana “No Need” (acustica esclusa) e ancora riff potentissimi e uno svolgimento ricco ed articolato per “Change In Time”, altra cavalcata di oltre 12 minuti, i cui continui cambi e spunti musicali potrebbero essere materiale da elaborare per un intero album, e il solito solismo a oltranza di Vic, con passaggi che a tratti citano l’Hendrix più sperimentale e rumorista. Chiude l’album il breve finalino acustico “Three o Clock In The Morinig”, per un disco che si può solo superficialmente definire minore. In realtà appartiene a pieno titolo fra le perle poco conosciute e decisamente da riscoprire degli anni ’70.

Seguirà una fase in cui la band si farà viva a fasi alterne, attiva in sede live, molto meno a livello discografico (un disco nel ‘75, “Dreams”) e con Vergeat attivissimo in varie collaborazioni anche con nomi di primissimo piano (Mitch Mitchell, Pete Sinfield, Ennio Morricone ecc.) e una apparizione cinematografica. Arriverà anche il momento del suo debutto solista, sotto l’egida di Dieter Dirks, produttore degli Scorpions, che si concretizzerà nell’album “Down To The Bone” del 1981, pensato per il mercato americano (il nome verrà “americanizzato” in Vergat), con tanto di bassista e batterista che finiranno poi nei Ratt. Il disco avrà un discreto successo e porterà a tour assieme a nomi quali Joe Perry Project, Scorpions, Rory Gallagher e Nazareth. Seguiranno per Vergeat una ridda di collaborazioni e progetti non sempre concretizzati assieme a moltissimi artisti (Rick Wakeman, Carl Palmer, Marc Storace, Gianna Nannini, di nuovo con Lampis nel progetto “The Funk Ambassador”, addirittura David Hasselhoff…) e finalmente la riformazione dei Toad (uscirà nel ‘91 “Hate To Hate”, poi dei live e raccolte postume) alternati alla sua carriera solista. La storia dei Toad si concluderà nel 1995, nel frattempo Vergeat andrà avanti a suonando un po’ ovunque, sempre in bilico fra l’underground e la stima di grandi musicisti, non arrivando mai al vero successo, ma continuando a suonare fino alla fine. Ascoltare i dischi dei Toad non farà solo riscoprire un musicista irrequieto e dal grandissimo talento qual è stato Vic Vergeat, ma anche una band che, nonostante la provenienza “periferica” rispetto alle grandi produzioni rock del periodo, era avanti per i suoi tempi, con una qualità musicale di primissimo livello.

Etichetta: Hallelujah/RCA

Anno: 1972

Tracklist: 01. Thoughts 02. Tomorrow Blue 03. Blind Chapman’s Tales 04. Vampires 05. No Need 06. Change In Time 07. Three o Clock In The Morinig
Sito Web: https://www.facebook.com/profile.php?id=100063528134587

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