Ci sono amori non muoiono mai, ci sono passioni che covano sotto la cenere per poi ritornare a bruciare con una passione forte e rinnovata. Quando penso ai Thrice questo è il sentimento che più mi si addice. Scoperti in una polverosa aula studio dell’università, la forza della band capitana da Dustin Kensrue apparve subito evidente.
Erano i tempi di “The Artist In The Ambulance”, album manifesto di una stagione a stelle e strisce che univa nel calderone dell’”emo-core” realtà diversissime tra loro. Ed i Thrice di “The Artist In The Ambulance” mi colpirono più di altri: riff melodici e sufficientemente intricati, chorus d’impatto e capacità di scrivere canzoni intriganti.
Poi qualcosa “sfugge” di mano, cresci e diventi in un certo qual senso “maturo” e quell’urgenza che provavi ascoltando musica viene un poco a scemare e le passioni si placano. Ma il caso spesso gira per il verso giusto, ed offre la possibilità di ricollocare la passione al passione al posto giusto: sotto un palco. Data fortunata il 27 giugno appena trascorso. Luogo del rendez-vous la Zona Roveri di Bologna.
Prima di “ritrovare” i Thrice ecco i Brutus dal Belgio. Power trio composto da Stefanie alla batteria e voce, Stijn alla chitarra e Peter al basso. Un punk pesantemente venato di carica “core”, con una Stephanie a reggere bene il gioco di voce e strumento all’unisono. Molto d’impatto, onestamente a me sconosciuti, ma di certo non trascurabili. Interessanti le soluzioni spese dai ragazzi di Lovanio / Leuven, ma alla lunga tutto l’impatto messo in campo non può sostituire la necessaria melodia. Nel complesso interessanti, anche dal vivo. Bene dal vivo “War” ed “Horde”.
The fan in the ambulance
Fa dannatamente caldo. La Zona Roveri si è andata via via riempiendo e quei 20-30 fan arrivati per prendere il posto in prima fila non erano più soli. Il locale è decisamente pieno ed il clima è quello giusto, non resta che aspettare un gran concerto.
La band parte subito benissimo e Dustin e Teppei Teranishi iniziano subito a convincere i fan con la doppietta “Hurricane” e “Silhoutte”, primo vero colpo al cuore per i fane” e “Silhoutte”, primo vero colpo al cuore per i fan. Un tuffo a 15 anni fa che non ha parso un grammo del suo potenziale detonante. Bella come nel 2003, forse ancora di più. Quell’incedere sbieco, passaggi oscuri e sfuriate core: fantastico.
E poi tanto spazio una dopo l’altra, senza pausa, “Of Dust And Nation”, “All The World Is Mad” (davvero notevole dal vivo) e “Black Honey” fino ad “In Exile” contenuta in “Beggars”, album di quasi 10 anni fa, e primo momento di pausa di un set vissuto a tutta forza.
La band riprende a macinare note, non indulge nel dialogo con il pubblico e prosegue diritta una marcia che mette in fila “pezzi di storia” estratti da i due / quattro volumi di “The Alchemy Index”, “Major/Minor” ed anche spazio il “nuovo” con il singolo uscito recentemente intitolato “The Grey”. Fine della prima parte del set con “The Long Defeat” ed applausi veri, perché tutti sanno che ancora ci sono molte note da sentire.
L’emozione per il sottoscritto diventa pura quando i quattro ragazzi di Irvine ritornano sul placo e fanno schioccare il riff di “The Artist In The Ambulance”. Lì qualcosa scatta, perché ricordi ed energie di un tempo ritrovano forma e corpo e ti permettono di entrare nella bolgia ancora una volta e riemergere solo alla fine dei bis, solo quando ancora una volta hai vissuto da vicino “Deadbolt” e “The Earth Will Shake”.
Un live intenso, sudato, vissuto oltre ogni aspettativa e con una promessa (da parte mia) concreta: “Non aspettiamo altri 15 anni, suvvia…”.
N.B. le foto di copertina ed a fondo articolo non fanno riferimento al live di Bologna