All Shall Perish – Recensione: This Is Where It Ends

Gli All Shall Perish sono dei veri e propri paladini del deathcore bello tosto. Quello ricco di aggressività, passaggi tecnici e breakdown rocciosi. Una formula che esclude gran parte delle componenti orecchiabili che spesso risultano essere il lato più stucchevole delle proposta legata al metalcore di recente generazione.

Gli All Shall Perish sono invece da sempre pervasi da uno spirito techno-core che pesca a piene mani dalle dissonanze e dagli incastri ritmici al limite che siamo soliti associare a band come Meshuggah e al groove violento dei Lamb Of God. Peculiarità che anche il cambio di due elementi (con l’ingresso di Francesco Artusato nel ruolo di chitarrista) non ha minato, facendo semmai crescere ulteriormente il tasso tecnico del gruppo.
Il risultato non può che essere estremamente più vario di quello raggiunto da molti colleghi super standardizzati e così, senza di fatto aggiungere una sola nota personale alla materia, la band americana confeziona tracce più che godibili, mai prive di dinamismo e variazioni ritmiche come “Divine Illusion”, “Spineless”,“The Death Plague” e” There Is Nothing Left”.
Ben presenti anche i ritmi più groove oriented (“A Pure Evil”, “Procession Of Ashes”), sempre però elaborati in modo da non risultare troppo statici e percorsi immancabilmente da uno shredding chitarristico di qualità in grado di ampliare gli orizzonti armonici dell’insieme.
Pregi che fanno di “This Is Where It Ends” un lavoro da promuovere largamente, sia per la grande perizia strumentale messa in mostra che per la non comune capacità di confezionare canzoni sufficientemente diverse tra loro in un genere spesso troppo monolitico.

Come lascia intendere il titolo (non sappiamo se volutamente) però si è raggiunto il limite massimo di espansione e rielaborazione degli stessi elementi. In futuro sarà importante che proprio le band migliori e più preparate della scena sappiano in qualche modo rinnovarsi, in caso contrario si rischia di assistere ad una folle rincorsa alla velocità d’esecuzione e allo sfoggio di tecnica che mai hanno portato a grandi risultati dal punto di vista artistico.

Voto recensore
7,5
Etichetta: Nuclear Blast

Anno: 2011

Tracklist:

01. Divine Illusion (3:21)
02. There Is Nothing Left (3:22)
03. Procession Of Ashes (4:37)
04. A Pure Evil (5:13)
05. Embrace The Curse (2:57)
06. Spineless (3:57)
07. The Past Will Haunt Us Both (6:05)
08. Royalty Into Exile (4:25)
09. My Retaliation (3:23)
10. Rebirth (5:29)
11. The Death Plague (3:03)
12. In This Life Of Pain (7:34)


Sito Web: http://www.myspace.com/allshallperish

riccardo.manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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