Ed eccolo qui il temutissimo terzo album, quello che ogni band descrive come un momento di passaggio, di consacrazione o possibile arresto temporaneo, per non farla troppo tragica.
Per i The New Roses, questo fondamentale tassello discografico prende il nome di “One More For The Road”, un disco che fin dall’artwork ci fa capire di trovarci di fronte ad un concentrato di rock ‘n’ roll, vecchio stile ma non troppo, ma di sicuro poco adatto a chi non potrebbe mai rinunciare a sonorità più moderne.
La prima traccia “Quarter To Twelve” si apre con un urletto che ci fa dubitare della provenienza dei The New Roses, che sono tedeschi, ma si calano qui perfettamente nelle vesti dei migliori sleaze metaller scandinavi, una componente che si ritroverà sparsa per tutto il disco, tra coretti catchy e ritornelli ballabili che coronano dei pezzi incentrati su una ritmica quadrata e di sicura presa sull’ascoltatore.
Non ci si discosta molto da un pattern decisamente definito di strofa-ritornello-strofa-ritornello-assolo-ritornello neanche nelle successive “My Own Worst Enemy” o “Forever Never Comes” e in generale in tutti i pezzi di “One More For the Road”, che però non smette di sprigionare una carica davvero piacevole, traccia dopo traccia.
“Dancing On A Razor Blade” è rock allo stato puro, di quelli che ricordano i Black Star Riders ma con un po’ più di ignoranza addosso, intesa nel senso positivo di meno ragionamento (e forse raffinatezza) e più istintualità.
“Consider Me Gone” avrebbe davvero vita facile perfino in un disco dei migliori rocker svedesi, dagli Hardcore Superstar ai Backyard Babies, e la voce graffiante di Timmy Rough non ha nulla da invidiare a quella di ogni sporco punk sleazer che si rispetti. Non è un caso che questo sia uno dei pezzi migliori di “One More For The Rooad”, insieme alla successiva “Life Ain’t Easy (For A Boy With Long Hair)”, che incarna l’altra faccia dell’album: un brano ironico al limite del country che fa sorridere e conquista al tempo stesso, fin dal primo ascolto.
“Every Wild Heart” è l’immancabile semi-ballad, accattivante e dal ritornello talmente 80s da spezzare il cuore di ogni nostalgico. La ballad vera e propria, invece, arriva con “Fight You Leaving Me”, ed è subito accendini levati al cielo e chitarra in spiaggia intorno ad un falò.
“The Same Moon” ritorna su atmosfere sporche e cattive, smorzate da un taglio che non potrà non soddisfare gli amanti degli anni ’70, ma non è certo il brano che rimane impresso o che fa la differenza, al pari del successivo “Piece By Peace Of Mind”, in un dittico che è probabilmente il più debole del disco. La conlcusiva title track “One More For The Road” riprende i toni pacati di alcuni brani precedenti e chiude il cerchio con un tocco malinconico (ma sempre iper groovy).
La temuta terza prova di studio non spaventa minimamente i The New Roses, che la affrontano con la giusta arroganza e centrano l’obiettivo di dimostrare la propria maturità, senza rinunciare a quel pizzico di menefreghismo sonoro che potrebbe fare la loro fortuna negli album a venire.
