Recensione: The Dead Word

Affermare che con ‘A Murder Of Crows’ i Dead Soul Tribe abbiano raggiunto e lasciato alle spalle il loro apice compositivo pare quanto mai appropriato e calzante; come non riuscì a ripetersi con il precedente ‘The January Tree’ (palese il richiamo in ‘To My Beloved…’) anche con il nuovo ‘The Dead Word’ (titolo profetico?) la band di Devon Graves ci presenta canzoni ostiche, poco memorizzabili ma soprattutto di una piattezza compositiva allarmante. Continua incessante il viaggio a connotazione percussiva nei meandri illuminati per la prima volta tempo fa dai Tool senza però raggiungerne neanche in minima parte la dimensione esoterica (‘A Flight Of Angels Wing’). Unico protagonista degno di menzione è a conti fatti Adel Moustafa che con il suo drumming tribale rende eterogeneo, almeno ritmicamente, il contenuto del CD mentre Devon Graves oltre a doversi confrontare con un passato ingombrante (quello dell’entità underground ma comunque notevole degli Psychotic Waltz) non riesce a fornire un’interpretazione degna di nota dei “suoi” pezzi (al contrario di quanto successo durante la sua sentita impersonificazione dell’Agonia su ‘The Human Equation’ di Ayreon). Dispiace trovarsi a corto di parole ma la pochezza artistica di ‘The Dead Word’ risulta quasi irritante proprio perché proveniente da un artista che ci ha spesso regalato saggi di bravura ed originalità.

Alberto Capettini

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Fan di rock pesante non esattamente di primo pelo, segue la scena sotto mentite spoglie (in realtà è un supereroe del sales department) dal lontano 1987; la quotidianità familiare e l’enogastronomia lo distraggono dalla sua dedizione quasi maniacale alla materia metal (dall’AOR al death). È uno dei “vecchi zii” della redazione ma l’entusiasmo rimane assolutamente immutato.

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