I The Dead Daisies tornano in Italia a poco più di un anno di distanza dal loro ultimo passaggio, con una formazione rimaneggiata, che vede in modo particolare il ritorno di John Corabi dietro il microfono.
SPIKE
Un problema col trasporto degli strumenti musicali, ha ritardato di molto il montaggio del palco e il sound check. La conseguenza di questo è stata che la prevista esibizione di Spike era a serio rischio di saltare. Fortunatamente, rinunciando alla band, il cantante inglese è riuscito a salire sul palco con la chitarra acustica al collo, a fare un brevissimo estratto di quello che avrebbe potuto essere un gran concerto. Che poi in realtà, per quanto breve, un gran concerto lo è stato a tutti gli effetti. Con un paio di brani tratti dal suo tributo al cantautore rock scozzese Frankie Miller (lo splendido disco “100% Pure Frankie Miller” del 2014) e un altro paio dal repertorio dei Quireboys, Spike ha dimostrato di essere interprete di altissima caratura. Che sia con la band alle spalle o da solo con l’acustica, davanti a migliaia di persone o a pochi intimi, poco cambia: è perfettamente a suo agio nel proporre quelle storie intrise di vita, poesia, ironia e un velo di malinconia che hanno sempre caratterizzato la sua musica. Con la sua voce roca ed espressiva, la chitarra, il sorriso stampato sul volto e l’eterna birra di fianco, ha incantato i presenti, calando il Live club in un’atmosfera intima, in cui non c’è stato alcun bisogno di una band e di strumenti elettrici. “Brooklin Bridge” di Miller, le grandi hit dei Quireboys “There She Goes Again” e la delicata Roses And Ring” e “Cocaine”, sempre di Miller (nulla a che fare con quella ben più famosa di JJ Cale), con un accenno, prima di dover scendere dal palco a “I Don’t Love You Anymore” (ovviamente dei Quireboys), sono state un bellissimo momento. Non moltissimi possono permettersi un concerto di chitarra e voce senza risultare stucchevoli o auto indulgenti. Spike è a pieno titolo uno di quei pochi, in grado di creare atmosfera e dialogo col pubblico. Con l’auspicio di assistere quanto prima a una sua esibizione completa. (Daniele Zago)
Setlist:
- Brooklin Bridge
- There She Goes Again
- Roses And Rings
- Cocaine
- I Don’t Love You Anymore
THE DEAD DAISIES
Dopo il breve e coinvolgente set di Spike, è la volta degli headliner, qui per promuovere il nuovo “Best Of” di recente uscita e sfamare con del ruggente rock’n’roll gli appetiti del nutrito pubblico accorso al Live Music Club di Trezzo. Al microfono questa volta prende nuovamente le redini John Corabi, e non è la sola novità all’interno della formazione, in quanto al basso troviamo Michael Devin (ex Whitesnake) a dar man forte ai due chitarristi David Lowy e Doug Aldrich, coadiuvati da Brian Tichy alla batteria. Come è noto la band ama suonare dal vivo per il suo pubblico, e questo si percepisce dalle prime note della doppietta “Resurrected” e “Rise Up”, che incendiano letteralmente gli animi dei presenti, ma non c’è un attimo di tregua con le seguenti “Dead And Gone” e soprattutto “Make Some Noise”, presa letteralmente in parola da tutti. Con il ritorno di John Corabi i brani acquisiscono più sfrontatezza e maggiore carica, grazie al suo carisma magnetico e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, che non è da tutti (senza nulla togliere al grandissimo Hughes che alla sua età e soprattutto con la sua voce può fare le scarpe a moltissimi sbarbatelli in circolazione). E così ci gustiamo le successive “Unspoken” e “Bustle And Flow,” dove Corabi afferma di avere un sacco di amici qui in Italia, per poi lasciare il palco interamente a Brian Tichy, che sfodera un assolo di batteria potente e preciso, che diverte i presenti con lanci continui di innumerevoli bacchette che strappano sorrisi a profusione.
A metà concerto è tempo di presentare ogni componente della band, questo viene fatto da Corabi con divertenti aneddoti per ciascuno di loro, con un gustosissimo medley composto da “Highway To Hell” per presentare il “King Of Australia”, David Lowy, “Living After Midnight” per Brian Tichy, poi ringrazia il nuovo bassista per avergli tolto dalle scatole l’ex moglie quando lo scoprì al suo rientro in veste di “pool boy”, senza di fatto possedere una piscina a casa, e infine, ultimo, ma non meno importante, l’uomo dalle dita d’oro, Doug Aldrich, che accenna “Smoke On The Water” e ovviamente poi è il turno del frontman con l’intramontabile “The Boys Are Back In Town”. Si continua con la cadenzata “With You And I”, che dal vivo è sempre un piacere ascoltare, e una strepitosa cover di “Fortunate Son” dei Creedence Clearwater Revival, per continuare con due dei brani più acclamati da parte del pubblico, “Mexico” e la poderosa “Midnight Moses”. E’ già tempo di bis con la bellissima “Long Way to Go” e la cover di “Slide It In” dei Whitesnake, ma il pubblico e ancora affamato e non lascia andare via il gruppo, che chiude lo show con una trascinante versione di “Helter Skelter“, che suggella un concerto riuscitissimo e una band in strepitosa forma. (Eva Cociani)
Set List:
Resurrected
Rise Up
Dead And Gone
Make Some Noise
Miles In Front Of Me
Face I Love
Unspoken
Bustle And Flow
Drum Solo
Something I Said
Lock’N’Load
Born To Fly
Medley/ Band Introduction
With You And I
Fortunate Son
Mexico
Midnight Moses
Encore:
Long Way To Go
Slide It In
Encore 2:
Helter Skelter