C’è una data in cui si può dire che sia effettivamente iniziato il genere musicale del southern rock, e coincide con il 4 novembre 1969, in cui avveniva il debutto discografico della Allman Brothers Band.
I fratelli Duane, chitarrista, e Gregg, cantante/tastierista, nativi del Tennessee, ma trasferiti in giovane età in Florida, erano due ragazzi per i quali la musica era ciò che dava il senso stesso alla loro vita, la strada che avevano deciso di intraprendere, consapevoli del loro smisurato talento. Non privi di precedenti esperienze musicali, come session man in studio e con qualche band, l’incontro, nella loro base operativa di Macon, con il chitarrista Dickey Betts, il bassista Barry Oakley e i batteristi – percussionisti Butch Trucks e Jai Johanny “Jaimoe” Johnson, dopo lunghe jam, faceva nascere quella leggenda della musica americana che portava il loro nome, per l’appunto la Allman Brothers Band. La loro formula musicale era apparentemente semplice come presupposti: gli elementi della musica tradizionale americana quali blues, soul, country, uniti al nuovo rock che al tempo stava avendo il suo massimo fulgore in Inghilterra e una propensione alle lunghe jam strumentali mutuate dal jazz, venivano fusi e integrati, formando qualcosa di nuovo e fino ad allora inedito, soprattutto nell’approccio e nell’esecuzione. Era nato il southern rock, definizione forse limitativa, ma di grande successo, che avrà sviluppi successivi enormi.
Il disco era uscito per l’etichetta Capricorn, diventata essenziale per il genere. Inizia con la chitarra slide di Duane ad apertura del classico blues “Don’t Want You No More”, che si sviluppa in una jam in cui le progressioni armoniche vengono usate per introdurre “It’s Not My Cross To Bear”, che col ruvido cantato blues dalla straordinaria, caldissima voce di Gregg, sono il palesamento di qualcosa che in quel momento non si era ancora sentito, non in quella forma, non con quel sound. D’altronde, il riff potente e articolato, contrappuntato dalle percussioni di Jamoe di “Black Hearted Woman” e la linea vocale inseguita dalla slide in perenne assolo e tutti i musicisti che integrano le parti soliste in un insieme incredibile, costituiscono un brano esemplare di ciò che stava venendo fuori. L’altra cover presente, il blues di Muddy Waters “Trouble No More”, diventa un brano decisamente più rock che contiene tutte le caratteristiche sin qua trovate, con assoli di Duane e Betts da antologia. “Every Hungry Woman” è anch’essa da scuola, con le armonizzazioni di chitarre e organo Hammond e quell’andatura potente e rilassata al tempo stesso, densa di tutti gli umori espressi dalla band. Un discorso a sé si può fare per “Dreams”, brano dilatato e articolato, fra sognanti sentori psichedelici e solidi passaggi rock blues, in cui lo splendido assolo slide di Duane è un assaggio di ciò che questo brano diventerà in sede live, espanso a oltranza in lunghe jam (mai però stancanti), di una fluidità e un’unità sonora nei continui cambi, che saranno marchio di fabbrica e insuperata caratteristica della band. Jam che dal vivo dilateranno enormemente anche la conclusiva “Wipping Post”, introdotta dal basso frenetico a tempo dispari di Oakley, dove la sequenza di accordi mantiene una tensione crescente in tutto il brano e su cui la drammatica linea vocale di Gregg sfocia in un possente ritornello rock blues. Anche qua si trovano le chitarre armonizzate che si scambiano splendidi, scorrevolissimi assoli con un’incredibile propensione alla jam.
Questo album seminale, dicevamo, sarà inizio e pietra miliare sia di un genere musicale, che della storia di una delle più grandi band di sempre, con una storia lunga, gloriosa e tormentata. Dischi ancora spesso clamorosi, concerti memorabili immortalati in live storici (impossibile non avere “At Fillmore East” del 1971), lutti tragici quali la morte per incidenti stradali di Duane (1971) e Oakley (1972), la forza di andare avanti fra eccessi, litigi, cambi di formazione (la ABB sarà un’incredibile fucina di musicisti straordinari), ma sempre con uno spirito indomabile, pur con gli ovvi alti e bassi. L’avventura finirà in modo definitivo con la morte, avvenuta nel 2017, di Gregg Allman. Quello che però i due fratelli, assieme a tutti i musicisti passati per la band, lasceranno, sarà per sempre scolpito nella storia della musica.