Textures: “New Horizons” – Intervista a Daniël De Jongh

Intervistare Daniël De Jongh, frontman dei Textures, è stato molto semplice. Una semplicità che va ben l’oltre la simpatia e l’educazione del cantante olandese. E’ stato semplice perché abbiamo incontrato un musicista sicuro dei propri mezzi e determinato nel portare avanti un percorso complesso ed appassionate. I Textures con il recente “Phenotype” ed il prossimo “Genotype” , si sono imbarcati in un progetto grande come la vita, come il codice che regola le esistenze di tutti gli essere umani. Codificando in musica gli aspetti visibili ed invisibili del genere umano.

 Se abbiamo ben capito dobbiamo considerare “Phenotype” come singola traccia, divisa in diversi movimenti. Ci puoi inoltre spiegare la genesi di un progetto del genere, che comprendere anche “Genotype”, che uscirà il prossimo anno?

Sì. “Phenotype” è formato da canzoni che hanno che sono connesse l’una. Sono canzoni dall’inizio alla fine e volevamo che fossero connesse l’una all’altra. È una grande, epica ed unica canzone, che a sua volta è connessa con il disco futuro che si chiamerà “Genotype”. Abbiamo iniziato a lavorare su “Genotype” una volta arrivato il nuovo chitarrista, e volevamo fare qualcosa di speciale , e certamente non abbiamo iniziato a lavorare su “Phenotype” scrivendo una canzone al giorno. Abbiamo lavorando costruendo le canzoni una dopo l’altra, a volte anche utilizzando delle idee che provenivano da 5 anni fa e altre cose del genere. Abbiamo impiegato tanto tempo per questo grande progetto ed infatti il disco che attualmente è sul mercato è stato registrato circa un anno fa. E’ un progetto unico in fin dei conti, qualcosa che non è mai esistito prima.

Sono passati 5 anni da “Dualism”, il Vostro album precedente. Una delle motivazioni di questa lunga attesa può essere ricondotta in parte anche al processo di scrittura – e registrazione – dell’album?

Sai, i Textures non sono mai stati dei fulmini di guerra nel registrare gli album, questo perché il nostro desiderio era quello di dare ai nostri fan qualcosa di davvero speciale. Inoltre dobbiamo anche considerare l’arrivo nei Textures di Joe (Tal, chitarrista nda.) nel 2013. Prima del suo arrivo abbiamo dovuto fare delle audizioni, e quindi tutto il processo ci ha fatto perdere, per così dire del tempo, ma alla fine credo le cose siano andate piuttosto bene (ride nda.).

Avete lavorato su questa doppia release (“Genotye” uscirà nel 2017 secondo il cronoprogramma degli stessi Textures) per tutto questo tempo e come è cambiato il vostro lavoro sulla scrittura del materiale e sulla registrazione dello stesso.

Intanto sappi che “Genotype” non è stato ancora finito di scrivere, ma uscirà certamente il prossimo anno. “Phenotype” è già uscito e quindi da ora in avanti le nostre attenzioni saranno dedicate alla prossima parte del nostro progetto. Sarà quindi un periodo piuttosto denso di impegni. Stiamo vivendo un momento decisamente positivo con delle “buone pressioni” per così dire. Pressioni che ti stimolavano a fare qualcosa di buono, e infatti abbiamo completato al 70% la composizione di “Genotype”. E quello che abbiamo al momento ha davvero un suono fantastico. Siamo sicuri che il nuovo album si andrà ad incastrare alla perfezione con “Phenotype”.

C’è qualche passaggio vocale in “Phenotype” davvero brutale. Avevate bisogno tirar fuori tutta la vostra rabbia? Cosa vi ha portato a scegliere un approccio così aggressivo e soprattutto è una nuova era nell’approccio dei Textures alla voce?

Non c’è stata della “nuova rabbia”, per così dire, da tirare fuori. Prima dei Textures suonavo in una band diversa ed avevo fatto già una cosa del genere ma con “Dualism”, primo album dove ho cantato, non era possibile farlo. Quello che senti nell’album non è perché abbia della rabbia da tirar fuori a tutti i costi (ride nda.), lo senti perché quelle voci erano esattamente quelle da inserire in quel contesto. Ecco perché alcune delle canzoni di “Phenotype” sono più brutali di altre.

In mezzo a delle canzoni così violente, sebbene sempre molto tecniche, emergono canzoni come “Illuminate The Trail”, “The Fourth Prime” e “Timeless”. Ci vuoi parlare delle loro differenze e delle loro caratteristiche?

La parte divertente per “Illuminate The Trail” è che il riff portante è stato ideato durante le sessioni di “Silhouttes”, quindi nel 2008. Doveva essere una delle canzoni destinate a far parte dell’album, ma non c’è la fatta. Non andava bene neanche per “Dualism”, e finalmente dopo un lungo viaggio “Illuminate The Trail” è entrate perfettamente nello spirito di “Phenotype”. Per quanto riguarda “The Fourth Prime” è stata scritta al 60/70% da Joe (il nuovo chitarrista nda.). Aveva scritto la canzone tempo prima pensandola per un proprio progetto e penso che addirittura una parte sia ancora sul suo canale youtube (ridacchia divertito nda.). Non l’ha però mai utilizzata con una band o da altre parti, l’ha usata con e per i Textures. Anche perché appena ce l’ha fatta sentire abbiamo subito detto che dovevamo utilizzarla a tutti i costi. Per quanto riguarda le differenza posso dire che per quanto simili nella prima parte “Illuminate The Trail” e “The Fourth Prime”, sono molto differenti rispetto le altre canzoni. Alla fine è anche un album “diverso” per così dire, perché lo trovo decisamente completo. Ha parti melodiche, ha parti brutali, ha parti veloci…ha tutto!

Proprio dal 2013 Joe ha iniziato a far parte della famiglia Textures, presentalo ai lettori e racconta come si è trovato a lavorare con voi

Joe è un chitarrista fantastico. Quando lo abbiamo sentito suonare abbiamo capito immediatamente che era lui la persona adatta! Oltre ad essere un eccellente musicista è un ragazzo incredibile. Può suonare qualsiasi cosa: è un juke-box che cammina. Unisci a questo anche una conoscenza enciclopedica della musica ed avrai Joe. È un musicista estremamente dotato, è uno studente di musica jazz al conservatorio olandese ed è uno dei migliori chitarristi che conosco. E altra cosa diverte è che oggi (l’intervista è stata fatta lo scorso 21 gennaio) è il suo compleanno! Quindi tanti auguri Joe!

Torniamo un attimo a parlare del vostro futuro, parliamo di “Genotype”. Hai accennato che state ancora lavorando al progetto: avete una release date da rispettare e il disco sarà più introspettivo?

Intanto sì, “Genotype” sarà completamente diverso da “Phenotype”. Sarà una sorta di “prequel” di “Phenotype” lungo 45 minuti. Sarà un po’ più progressive per così dire dato che ogni piccolo dettaglio sarà considerato. Si potranno sentire anche piccoli accenni di “Phenotype”, come per esempio parti di chitarra o di batteria. Per la data di uscita non abbiamo una scadenza già indicata perché non lo abbiamo ancora registrato e finito di comporre. Vogliamo che questo anno ci influenzi per sviluppare le parti che restano.

Con il termine fenotipo si intende l’insieme di tutte le caratteristiche osservabili di un organismo vivente, quindi la sua morfologia, il suo sviluppo, le sue proprietà biochimiche e fisiologiche comprensive del comportamento…..può questa definizione racchiudere il segreto di “Genotype”, e proprio per questo è il vostro album più diverso?

Sì, penso che come definizione calzi a pennello. Puoi sentire ogni aspetto dei Textures in questo album.

Parliamo di tour: quando vi vedremo dal vivo in Italia?

Speriamo presto. Ancora non abbiamo un tour ben definito al momento dato che siamo in un periodo piuttosto movimentato. La nostra intenzione è quella di certo di venire a suonare in Italia. Abbiamo delle opportunità piuttosto importanti ma purtroppo al momento non posso dire niente. (Ricordiamo che l’intervista risale al 21 gennaio e l’annuncio del tour degli Olandesi con gli Amorphis risale a meno di una settimana fa. Vedremo la band a Firenze, Roma e Milano. Il 29 marzo al Viper Club, Il 30 all’Orion e il 10 aprile al Fabrique nda.)

Textures - Phenotype

Saverio Spadavecchia

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Capellone pentito (dicono tutti così) e giornalista in perenne bilico tra bilanci dissestati, musicisti megalomani e ruck da pulire con una certa urgenza. Nei ritagli di tempo “untore” black-metal @ Radio Sverso. Fanatico del 3-4-3 e vincitore di 27 Champions League con la Maceratese, Dovahkiin certificato e temibile pirata insieme a Guybrush Threepwood. Lode e gloria all’Ipnorospo.

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