Tarja – Recensione: Dark Christmas

Tra tutti gli album di Natale possibili, “Dark Christmas” della finlandese Tarja Soile Susanna Turunen-Cabuli (o Tarja e basta, senza dover necessariamente citare tutte le volte i trascorsi con i Nightwish) è uno di quelli che hanno forse più senso. Perché “From Spirits and Ghosts (Score for a Dark Christmas)”, pubblicato nel 2017, continua a vendere molto. Perchè la scelta delle cover non è così scontata ed ognuna di esse verrà promossa con uno specifico video musicale. Perché gli arrangiamenti dei brani denotano un certo impegno, soprattutto grazie all’aggiunta di un coro di bambini nel quale ha cantato anche la figlia della stessa Tarja. E perché, ultimo ma non ultimo, questo nuovo album contiene anche un omonimo brano inedito di un certo qual pregio. Dissipate quindi le nebbie della diffidenza che di primo acchito accompagnano questo genere di ascolti ed operazioni stagionali, è con “The First Noel” che facciamo la conoscenza di un disco nel quale la forte componente atmosferica emerge già dai primi minuti, se non addirittura secondi: il cantato di Tarja si ode inizialmente in lontananza, con una distanza che sembra anche rappresentare il distacco con il quale molti si approcciano alle festività. E, forse non a caso, la stessa finlandese ha dichiarato che il disco è stato pensato “per coloro che hanno smarrito la felicità del Natale, così come per quelli che vogliono abbracciare lo spirito della festa esplorandone un lato più misterioso”: un intento che, all’ascolto di “Frosty The Snowman” appare perfettamente coerente con l’atmosfera che permea anche questa seconda traccia.

Al candore del coro fanno infatti da contraltare le parti orchestrali, caratterizzate da una forte tensione che si esprime nella cadenza, nella vibrazione degli archi, nel riverbero che amplifica gli spazi ed il senso di desolazione. Sarà utile chiarire, giusto per evitare fraintendimenti, che – a parte il carattere assolutamente metal di una visione che mette in discussione lo spirito delle festività ed il nostro rapporto con esse – in questo album non vi è nulla di musicalmente metallico, con voce coro ed archi che si spartiscono il grosso della torta. Una torta che, è altrettanto vitale sottolinearlo, si avvale di una produzione di primissimo livello: il fatto che questo lavoro sia disponibile anche con un missaggio in Dolby Atmos la dice lunga sulla cura con la quale è stato realizzato, tale da far felice anche l’audiofilo più incallito (il cantato operatico in “O Holy Night” non sarebbe altrettanto incisivo con una registrazione diversa). Dal punto di vista dell’interpretazione vocale, essa presenta l’ormai consolidato mix di passione e tecnica al quale Tarja ci ha abituato: particolarmente apprezzabile è, come sempre del resto, l’alternanza di passaggi più delicati, quasi sussurrati (“Dark Christmas”), con altri nei quali le tre ottave del soprano finlandese sono spinte agli estremi per esplorare emozioni, indurre stati d’animo e suggerire quella visione laterale che costituisce la motivazione principale – almeno dal punto di vista artistico – di questo nuovo lavoro.

Basta ascoltare la rivisitazione sofferta di “Jingle Bell Rock”, col suo incedere così lento e drammatico, per capire come in questa occasione ci si sia veramente voluti spingere oltre le convenzioni del normale album natalizio, confezionando un prodotto particolare quanto si vuole e che per molti avrà il semplice aspetto della curiosità, ma che una tensione autentica la contiene. E con essa anche quell’intento vagamente sperimentale, graditissimo, che alcuni mesi fa avevo ritrovato nel progetto “Outlanders” che Tarja ha realizzato con il pioniere della musica elettronica Torsten Stenzel. “White Christmas” è un’altra delle tracce che non deludono le attese, nonostante i pericoli insiti nella rielaborazione di un brano così famoso ed ormai riproposto in tutte le salse. Anche in questo caso però l’arrangiamento è notevole, grazie ad una rivisitazione che preserva tutta la magia della composizione originale “sporcandola” con pennellate trasversali ed oblique che ricordano quelle del compianto Bob Ross ed il suo programma di culto “The Joy Of PaInting”. In un quadro così denso, e che può essere anche intenso dal punto di vista emotivo, ben vengano anche alcuni episodi nei quali l’opera di rielaborazione ha lavorato solamente in superficie: è il caso ad esempio di una “Last Christmas” relativamente fedele all’originale degli Wham! (1986) ma che tuttavia serve a spezzare un po’ il ritmo ed alleggerire il cuore in vista della settimana bianca.

Il pregio principale di “Dark Christmas” è quello di essere un disco molto meno natalizio di quello che si potrebbe aspettare: se è evidente il paniere a tema festivo dal quale le canzoni sono state pescate, dall’altro questo lavoro contiene tutti gli aspetti che hanno contraddistinto il percorso artistico di Tarja, soprattutto nel corso della sua carriera solista. “Dark Christmas” evidenzia una sensibilità non comune (“Wonderful Christmas Time”), presenta una produzione spettacolare ed attenta al dettaglio e non rinuncia a sperimentare introducendo nuovi elementi – come il coro dei bambini, utilizzato con misura – che davvero aggiungono valore all’intera esperienza di ascolto. Per questo motivo, e tenendo conto della sua natura non così sfrontatamente commerciale, è un disco da consigliare senza riserve. E non posso immaginare niente di più metallaro e ribelle che ascoltarlo a tutto volume. Nell’edizione in doppio vinile. Il giorno di Ferragosto.

Etichetta: earMUSIC

Anno: 2023

Tracklist: 01. The First Noel 02. Frosty The Snowman 03. Holy Night 04. Dark Christmas 05. Jingle Bell Rock 06. White Christmas 07. All I Want For Christmas Is You 08. Wonderful Christmastime 09. Last Christmas 10. Jingle Bells 11. Rudolph The Red-Nosed Reindeer 12. Angels We Have Heard On High
Sito Web: facebook.com/tarjaofficial

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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