Recensione: Sweet Oblivion

Esistono due modi nettamente distinti per approcciare questo nuovo progetto a nome Sweet Oblivion feat. Geoff Tate: lo si può giudicare senza tener conto del passato artistico della figura di Tate, senza tracciare paragoni o addirittura (per i giovanissimi) per ascoltare per la prima volta una delle voci metal più caratterizzanti della storia o, al contrario, facendo inevitabile riferimento al primo periodo dei Queensrÿche al quale le canzoni scritte dal nostro Simone Mularoni rimandano direttamente.

I due giudizi che ne scaturiscono sono a nostro modo di vedere diametralmente opposti perché se è innegabile che i pezzi che andremo ora a raccontare sono melodicamente e tecnicamente ineccepibili, con Mularoni che oltre alla propria maestria in studio dona quel tocco prog metal anni ‘90 tipicamente europeo, dall’altra parte sono la copia a tratti spudorata di quanto Tate ha cantato in passato, pur adattandosi al calo di tonalità fisiologico che il cantante americano ha avuto negli ultimi anni.

Dopo la diatriba tra la band di Seattle e il loro ex cantante sotto mentite spoglie col monicker di Operation Mindcrime c’è ora quindi un terzo contendente a presentare stilemi ben noti ai fan del prog metal delle origini.

“True Colors” ha un riff coinvolgente e nell’assolo Mularoni è posseduto dallo spirito di Wilton e DeGarmo coadiuvato però dalle tastiere dell’amico Emanuele Casali dei DGM.

In “Sweet Oblivion” si rasenta il plagio di più pezzi dei Queensrÿche in un unico frangente: riff, armonizzazioni, linea vocale del refrain ma è anche vero che se preso a sé stante il pezzo funziona; a parte tutte le disamine critiche che si possono applicare a questo prodotto emerge comunque ancora una volta il valore assoluto di Simone Mularoni come musicista e produttore che riesce anche valorizzare pezzi non entusiasmanti come “Disconnect”.

“A Recess From My Fate” e “The Deceiver” portano più in primo piano lo stile DGM, anche per le ritmiche più sostenute e, nella seconda, un momento di puro shred con un assolo in pieno stile Michael Romeo.

Confermiamo “Sweet Oblivion” come album dalla doppia lettura che giocoforza dividerà il pubblico tra indignati e adoranti del prodotto finale; personalmente ci piace porci al crocevia di questi giudizi antitetici consigliandovi comunque di farvi un giro in questo condensato di musica intelligente.

Alberto Capettini

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Fan di rock pesante non esattamente di primo pelo, segue la scena sotto mentite spoglie (in realtà è un supereroe del sales department) dal lontano 1987; la quotidianità familiare e l’enogastronomia lo distraggono dalla sua dedizione quasi maniacale alla materia metal (dall’AOR al death). È uno dei “vecchi zii” della redazione ma l’entusiasmo rimane assolutamente immutato.

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