Sunstorm – Recensione: Brothers In Arms

I Sunstorm sono una realtà quasi completamente italiana ed interessante, per almeno un paio di motivi: il primo è che la formazione, supportata da Frontiers e guidata dal suo esperto produttore Alessandro Del Vecchio, ha una chiara prospettiva internazionale, che emerge con evidenza dalla qualità dei materiali e della loro presentazione. Il secondo, è il loro essere – più o meno dichiaratamente – una sorta di cantiere aperto, che nell’arco di una storia discografica consistente (il debutto omonimo risale al 2005, quando il RAZR V3 di Motorola era uno dei cellulari più venduti) li ha visti cambiare formazioni e stili con ammirevole flessibilità. Archiviate dunque le sessioni con Joe Lynn Turner alla voce, Uwe Reitenauer e Thorsten Koehne alle chitarre, Dennis Ward al basso, Frascesco Jovino ed Edo Sala alla batteria, ed infine Günter Werno alle tastiere, i Sunstorm sembrano aver trovato con “Brothers In Arms” un assestamento che alla solida base italiana affianca per la seconda volta consecutiva il talento di Ronnie Romero (Michael Schenker, Lords of Black, Rainbow), versatile interprete cileno sempre più apprezzato ed impegnato nei progetti di Frontiers ma non solo (lo ricordo anche in quota bulgara all’Eurovision di Torino, con gli Intelligent Music Project). Per quanto riguarda invece le considerazioni stilistiche, il ritorno alle sonorità melodiche che avevano contraddistinto i primi lavori sembra essere una scelta sempre più decisa da parte della band, desiderosa di fondere in modo convincente suggestioni che arrivano tanto da Deep Purple e Foreigner quanto da nomi del calibro di Jorn Lande e Magnus Karlsson.

Nell’intreccio di chitarre e tastiere dell’openerBrothers In Arms” o della croccante “Lost In The Shadows Of Love” dovrebbe quindi essere racchiuso tutto il senso di anni e cambiamenti, un senso che vede una formula ormai matura e presentata con la cura certosina alla quale i Sunstorm ci hanno ormai abituato (“No Turning Back”). E se anche il frutto di un cammino che ha visto l’avvicendamento di ben tredici musicisti non è direttamente proporzionale in termini di originalità, la padronanza con la quale la ciurma di Del Vecchio tiene insieme il tutto vale – almeno in parte – il costo del biglietto. Allo stesso tempo, nella virata verso sonorità più classiche si avverte l’esigenza di scrollarsi di dosso l’etichetta di band perfettina, alla ricerca di una maggiore dose di umanità che sappia parlare al cuore: la collocazione di una ballad come “Games We Play” al secondo posto della scaletta è un segnale chiaro che denota un cambiamento di interesse ed attitudine, che possa dare alla realtà italiana quella stabilità e quella dimensione interiore che fino ad ora non hanno trovato sufficiente fortuna né efficace sviluppo. L’abbassamento generale dei ritmi, confermato peraltro dalla successiva “I’ll Keep Holding On”, permette al disco di concentrarsi maggiormente sui dettagli minori, supportando l’inappuntabile interpretazione di Romero con una serie di brani di altalenante carattere e facile ascolto.

Nonostante “Brothers In Arms” sia un album godevolissimo, confezionato come si deve e consigliato in una bella edizione in vinile trasparente che arreda, l’impressione è che la band non sia riuscita nemmeno in questa occasione a tradurre in musica tutti i buoni propositi con i quali la casa discografica prova a rassicurarci sulla bontà del nuovo corso. Come se il ritorno alle sonorità più melodiche potesse in qualche modo giustificare la mancanza di personalità che il disco denota, soprattutto nella sua seconda e addormentata parte (“Hold The Night”, “Miracle” e “Living Out Of Fear”). Se da un lato la spinta verso qualcosa di diverso traspare qua e là all’interno della tracklist, grazie soprattutto alla soluzione facile del lento (“Back My Dreams”), la scarsa consistenza e relativa superficialità di tanti altri brani (“Taste Of Heaven”) descrivono anche in questa occasione un’imperfetta unità di intenti, una ricerca che rimane tormentata ed una qualche questione irrisolta che ancora trattiene una band di enorme potenziale dall’offrire un prodotto che sia, davvero, alla sua altezza. E se bisogna dare atto ai Sunstorm di aver cominciato a guardare altrove, la direzione verso la quale hanno rivolto lo sguardo – per ritrovare anzitutto se stessi – non sembra ancora quella giusta.

Etichetta: Frontiers Music

Anno: 2022

Tracklist: 01. Brothers In Arms 02. Games We Play 03. I’ll Keep Holding On 04. I Will Remember 05. No Turning Back 06. Back My Dreams 07. Taste Of Heaven 08. Lost In The Shadows Of Love 09. Hold The Night 10. Miracle 11. Living Out Of Fear
Sito Web: facebook.com/SunstormMusic

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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