Summer Breeze 2016: Live Report del Day 3

Il terzo giorno di questo Summer Breeze è probabilmente quello che vanta la più alta densità di band interessanti da seguire, appartenenti ai più svariati generi. Armiamoci dunque di buona volontà e dosiamo le forze, perché i gruppi da vedere oggi e di cui dobbiamo poi render conto sono davvero numerosi.

Ci rechiamo al T Stage già alle ore 13:00 per assistere alla performance dei Conan, nuove leve dello stoner/doom britannico. La proposta del terzetto di Liverpool in sede live si rivela un po’ monotona e non digeribilissima, di certo non aiutata dalla staticità della band, ma in ogni caso cogliamo nell’ensemble buone qualità e margini di miglioramento futuri. Restiamo quindi nel tendone per vedere anche il concerto dei folkster russi Arkona. Il combo capitanato dalla carismatica Maria Arkhipova è ormai un’istituzione tra i festival europei, viste le sue numerose presenze ad essi, e in ogni occasione fa saltare e ballare tutti quanti con i propri ritmi indiavolati. Anche al Summer Breeze di quest’anno, tra una melodia di flauto e una di cornamusa eseguite dallo strumentista folk Vladimir Reshetnikov, l’esibizione lascia i numerosi astanti molto soddisfatti.

Sui palchi principali si comincia poi a fare sul serio con alcuni pezzi da novanta. A mettere a ferro e fuoco il Pain Stage ci pensano innanzitutto gli intramontabili Dying Fetus. Gli storici deathster americani scatenano continui mosh pit e mietono vittime con la loro terremotante proposta; il frontman John Gallagher si perde poco in chiacchiere e macina riff su riff, senza mostrare alcuna pietà per la propria audience martoriata da tante mazzate! Una band storica sale subito dopo in cattedra anche sul Main Stage con l’arrivo dei Queensrÿche. Le leggende del prog decidono di mandarci in visibilio con una delle migliori prestazioni a cui assistiamo in questo festival: non solo la setlist, una sorta di parziale best-of incentrato sui capolavori “Operation: Mindcrime”, “Empire” e “Rage For Order” arricchito da alcune chicche dai primissimi lavori del gruppo, è eccellente; i nostri sfornano anche e soprattutto una prestazione maiuscola, su tutti il bravissimo cantante Todd La Torre. Un momento davvero da ricordare!

Rimaniamo nell’area principale per vedere due ensemble che con il loro death metal melodico godono di tantissimo successo a queste latitudini: parliamo dei Soilwork e degli Arch Enemy, che riescono entrambi a radunare al di sotto dei propri palchi un’audience oceanica e in totale visibilio. Terminato questo bagno di folla, al Pain Stage è il momento degli eclettici Mastodon. Il quartetto della Georgia appare molto concentrato sui propri strumenti e magari non così intento a intrattenere il pubblico, ma la scaletta che ripercorre tutta la sua straordinaria carriera colpisce nel segno: anche se l’orario tardo-pomeridiano non è il contesto ideale per la complessa proposta della band, il risultato dello show è comunque notevole. A questo punto è venuta l’ora di assistere al concerto dei Carcass, e noi approfittiamo di un gentile invito rivolto alla stampa da parte dell’organizzazione: tale invito ci permette di goderci parte della performance dalla grande terrazza che sovrasta il Main Stage dall’interno, con una splendida vista sull’enorme pubblico. Nonostante gli spostamenti necessari e la particolare situazione dovuta a quest’esperienza, riusciamo comunque ad avere la netta impressione che il combo di Bill Steer e Jeff Walker abbia spaccato come sempre!

Rimaniamo in zona Main Stage, dove il pubblico si prepara ad accogliere con calore i re del thrash metal Slayer. La band di Tom Araya e Kerry King non si risparmia e offre come di consueto un grande spettacolo, forse un po’ carente sul piano dell’interazione con i fan. Quello che conta, però, è sempre la buona musica, e su questo la band della Bay Area non delude mai: tra i momenti più acclamati dalle lunghe chiome assiepate sotto il palco spicca naturalmente l’immortale “Raining Blood”, mentre prima della conclusiva “Angel Of Death”, l’ormai consueto vessillo in onore del compianto Jeff Hanneman non manca di regalare un’emozione in più a tutti i presenti.

In contemporanea agli Slayer, sul T Stage suonano però i terzi numi tutelari dello Swedish Death Metal presenti a quest’edizione, ovvero gli Unleashed: noi non possiamo certo perderceli! Notiamo subito purtroppo che rispetto ad altre occasioni Johnny Hedlund e soci risultano un po’ appannati, controllando spesso l’orologio e non impegnandosi come potrebbero. L’incredibile esclusione dalla setlist dell’immancabile pezzo-capolavoro “Before The Creation Of Time” fa poi il resto nel consegnarci una performance che, dobbiamo ammetterlo, ci lascia un po’ con l’amaro in bocca. Per fortuna chiudiamo la giornata in bellezza con i Satyricon: i seminali black metallers norvegesi stanno infatti festeggiando il ventennale di “Nemesis Divina”, dunque ci propongono il loro masterpiece per intero. L’esibizione si configura insomma come un’occasione storica, tutti i partecipanti alla quale si sentiranno ben lieti di aver presenziato. L’ambientazione e gli atteggiamenti mistici ed esoterici adottati da Satyr e Frost creano un’atmosfera perfetta, permettendoci di congedarci dall’area concerti con un ottimo ricordo.

Live Report a cura di Matteo Roversi; Slayer a cura di Ilaria Marra.

Summer Breeze 2016

matteo.roversi

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Nerd e metallaro, mi piace la buona musica a 360 gradi e sono un giramondo per concerti (ma non solo per questi). Oltre al metal, le mie passioni sono il cinema e la letteratura fantasy e horror, i fumetti e i giochi di ruolo. Lavorerei anche nel marketing… ma questa è un’altra storia!

Ilaria Marra

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Braccia rubate alla coltivazione di olivi nel Salento, si è trasferita nella terra delle nebbie pavesi per dedicarsi al project management. Quando non istruisce gli ignari colleghi sulle gioie del metal e dei concerti, ama viaggiare, girare per i pub, leggere roba sui vichinghi e fare lunghe chiacchierate con la sua gatta Shin.

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