Nel periodo storico, verso la metà anni ’90 fino a inizio 2000, il pubblico rock (quello di massa) ha spostato il suo interesse verso le sonorità alternative, riversando le speranze dei ‘pure’ rocker verso Gary Hughes (titolare del progetto Ten), in qualità di salvatore della patria, in grado di risollevare le sorti dell’hard rock britannico, se non addirittura europeo. Con i primi cinque studio album ha ridato vigore e forza ad un genere dato per scomparso, grazie ad un songwriting improntato sull’energia delle chitarre (con un grande Vinny Burns!) e sul pathos epico che richiamava il flavour dei primi Rainbow.
I Ten, forti di una line up rinnovata, si ripresentano con “Stormwarning”, un lavoro che conserva lo stile musicale e, finalmente, non manifesta il solito difetto dei vecchi album: la produzione. Dennis Ward (Angra, Place Vendome, e tanti altri) in sala di regia è una garanzia, lo dimostra il mixing pulito e bilanciato, che nulla ha tolto alla potenza del gruppo. “Stormwarning” sprigiona un buon guitar work (Fraser/Halliwell) e tantissima melodia ma il vero motivo d’interesse è il ritorno sulla scena di un grandissimo batterista: Mark Zonder (ex Warlord e Fates Warning).
Ma in fin dei conti come si presenta il nuovo album? Sicuramente è il migliore degli ultimi quattro studio album, ma siamo acnora lontani dagli standard di “Spellbound”. Gary Hughes denuncia una carenza creativa da tempo, ogni brano sembra il deja vù di altre sue composizioni, sembra voler puntare ad un risultato sicuro seppur privo di emozioni.
Se siete degli estimatori dei Ten non ne rimmarete delusi.
SI PARTE CON LA BELLA 01. Endless Symphony MA IL RESTO è QUALCOSA CHE LASCIA NESSUN BRIVIDO SULLA PELLE.
LA VENA CREATIVA è SCESA IN PICCHIATA E SEMBRA DI ASCOLTARE QUALCOSA DI RIPETITIVO.
DOPO GLI ESORDI CON I BOTTI DEI PRIMI ALBUM SIAMO ALLA SUFFICIENZA DI STIMA. VOTO 6