Recensione: Far

Un sound che ingloba, avviluppa e marcia inesorabilmente verso l’apocalisse… La tendenza a scrivere, produrre e registrare album con l’obiettivo di farli suonare più epici possibile è indubbiamente un cliché, ma ciò non ha impedito agli Stormlord di continuare la loro carriera. Fondati nei primi anni 90’, il gruppo romano si fece conoscere dopo anni di concerti e di pubblicità, ma il successo non arrise esattamente alla loro fortuna, vuoi per una proposta ambigua, a tratti estrema a tratti meno, per l’uso di iconografia pacchiana e infantile o per i trascorsi giornalistici di qualche membro in qualche testata nazionale che avrebbe chiuso nel giro di qualche anno.

In ogni caso, l’ultimo album del gruppo, “Far“, non si discosta granché da quello che è lo stile del gruppo: da sempre associati a un personale tipo di power/progressive metal che pesca a piene mani da quello estremo (ma potrebbe valere anche il contrario), con pochi assoli, costante e sostenuto accompagnamento di tastiere con suoni di violini, ritmiche marcianti a tre tempi in doppia cassa e spesso in blast-beat, chitarre spesso in ruoli ritmici con occasionali arpeggi distorti e voce in scream/growl sfiatato e inesorabile con occasionali controcanti puliti. Le armonie sono quasi sempre in Do# minore, ma non si escludono occasionali passaggi in Sol# (a causa dell’accordatura delle chitarre) e in Si minore.

Ma andiamo con ordine. “Leviathan”, la traccia d’apertura e l’unico brano pubblicato in anteprima dell’album e segue tutte le caratteristiche sopra elencate. Come almeno metà delle tracce dell’album, la chiave dominante è Do# minore e la struttura è molto più scorrevole di quanto il minutaggio faccia presagire, a causa di una dilatata introduzione. La produzione dell’album è pulita e professionale quanto basta, con le tastiere e il resto della strumentazione abbastanza bilanciate, mentre le tracce vocali in growl sono stranamente alte nel mix, sovrastando addirittura lo scream di Borchi. Altre tracce più varie melodicamente sono la title track, con un ritornello epico durante il terzo minuto, “Cimmeria”, basata su meditativi accordi in La minore, “Vacuna”, con i suoi distintivi fraseggi arpeggiati e il possente tiro in stile Cradle of Filth, e la conclusiva “Levante”, perfetta come coda.

Come prevedibile, a livello sonoro, l’album è un massacro di riff in tremolo, eccesso di teatralità fino a strabordare, e la musica, purtroppo seppellisce ogni traccia vocale di Borchi (mai stato un granché in tal ruolo). La musica trionfa, le melodie scorrono come fiumi, le ritmiche martellano in maniera ossessiva come parecchi gruppi recenti dello stesso genere e si respira aria di ambizione in ogni singolo secondo. Gli Stormlord sono questo: quando cominciano, vanno tranquillamente da soli, e niente le ferma, nemmeno il mancato botto mediatico a confronto di gruppi connazionali più giovani e fortunati (qualsiasi riferimento ai Fleshgod Apocalypse non è necessariamente voluto). Dopo “Mare Nostrum”, “Far” si classifica tranquillamente come uno dei migliori album finora pubblicati dal gruppo, il che non è di certo ignorabile.

0 Comments Unisciti alla conversazione →


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Login with Facebook:
Accedi