Recensione: To The Bone

Vario o discontinuo? Poco coeso o ricco di spunti differenti? Rispetto agli album precedenti, “To The Bone” mette in campo forse in maniera ancora più evidente il carattere eclettico di uno dei più grandi musicisti del nostro tempo, uno stakanovista sempre in bilico tra la ricerca di nuovi percorsi e la riscoperta del passato, impegnato nelle riedizioni di pietre miliari del rock a tutto campo. Nel nuovo album le influenze che Steven Wilson ha assimilato e riformulato in una proposta originale e perfettamente identificabile vengono in qualche maniera spacchettate, prendendo direzioni tra loro differenti e creando un caleidoscopio che di per sé – pur trattandosi del lavoro di un musicista la cui creatività è arcinota – è spiazzante. Il risultato, per chi scrive, non sempre è indimenticabile, ma non può non colpire la varietà di colori, di umori, l’intersezione di generi musicali che danno vita ad un’opera realizzata come sempre con la passione di un artigiano.

Una chitarra di chiaro stampo gilmouriano apre l’album e la title track, impreziosita da uno straordinario lavoro alle percussioni (sull’album suonano Jeremy Stacey e Criag Blundell). Tra i delicati ed emozionanti crescendo di “Nowhere Now” e “The Same Asylum As Before” è racchiusa la già nota e toccante “Pariah”, in cui Wilson duetta con Ninet Tayeb – cosa che si ripete con Sophie Hunger nella magico gioco di specchi di “Song Of I”, questo impreziosito dall’uso ipnotico delle tastiere. Ancora, l’eterea ed intensa “Refuge”, anch’essa con chiari richiami ai Pink Floyd, e il martellante pop di “Permanating”, che a chi scrive ricorda curiosamente le sonorità dei poco celebrati Silverchair della svolta di “Across The Night”. Per chiudere in bellezza – anzi, in vero e proprio splendore – gli echi dei King Crimson inseriti nei sinuosi percorsi elettronici di “Detonation”, vero e proprio capolavoro di intensità e picco qualitativo dell’album.

Un’opera piena di sapori e di idee, meno compatta dei lavori precedenti ma comunque preziosa conferma di quel vulcano di spunti e di passione che è Steven Wilson.

Giovanni Barbo

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Appassionato di cinema americano indipendente e narrativa americana postmoderna, tra un film dei fratelli Coen e un libro di D.F.Wallace ama perdersi nelle melodie zuccherose di AOR, pomp rock, WestCoast e dintorni. Con qualche gustosa divagazione.

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