A Bologna c’è un negozio meta di pellegrinaggio per i chitarristi della città e non solo. Si chiama Sergio Tomassone, dal nome del suo fondatore, che negli anni ha ampliato la propria fama al punto da richiamare artisti di fama internazionale e che di tanto in tanto organizza eventi e masterclass con chitarristi di rilievo. Alcuni anni fa ci fu Tommy Thayer, attualmente nei Kiss. Quest’anno però Tomassone festeggia 60 anni di attività, dunque ci vuole un ospite ancora più importante. Ecco perché questo venerdì sera piovigginoso vede convergere al cinema Arlecchino (uno dei più belli della città, collocato a poche centinaia di metri dalla sede attuale del negozio e dal suo gemello All For Music, che si occupa di tutti gli altri strumenti musicali) una serie di chitarristi più o meno celebri (fra il pubblico si riconoscono Ricky Portera, Dodi Battaglia e Fede Poggipollini, oltre a Michele Luppi dei Whitesnake) per assistere alla masterclass di Steve Vai. La serata comincia con un dovuto riconoscimento a Sergio Tomassone e ai figli per il lavoro svolto, con la consegna di un premio da parte di CNA e un breve discorso da parte del padrone di casa, che però è persona di poche parole e lascia subito spazio all’ospite d’onore. Steve Vai arriva sul palco dal fondo del cinema, si siede e suona due brani (accompagnato dalle basi musicali sul computer) senza introduzioni di sorta. Terminati i due brani, rievoca le ultime settimane in tour insieme alla Metropole Orkest, informa i presenti che tutta la famiglia Vai sta pregando per i disastri accaduti a poca distanza da qui (si riferisce ovviamente alle alluvioni in Romagna e al fatto che anche Bologna, seppur in modo minore, abbia avuto problemi di allagamento) e poi si dichiara pronto a rispondere alle domande del pubblico, che potranno essere di qualunque tipo.
Dunque, spazio ai fan di ogni età e alla possibilità di soddisfare le loro curiosità. Le domande che arrivano, per la verità, hanno poco o niente a che fare con aspetti tecnici legati alla chitarra e al suo modo di suonare; ce n’è giusto una, verso la fine, sull’utilizzo del sustain. Per il resto, si spazia ad ampio raggio dalla storia personale (“Com’è andata la prima settimana di lezione con Joe Satriani?”, “Come trovi l’ispirazione per scrivere i tuoi brani?” o anche “Come fai a essere così in forma?”) a domande sui massimi sistemi (“La tecnica è questione di esercizio o è più una questione mentale?”, “Come si fa a prendere contatti con altri musicisti che abbiano la tua stessa mentalità?”). Altre domande, poi, indagano alcuni aspetti della storia recente dell’artista, come la nascita della collaborazione con i Polyphia (per il brano “Ego Death”) e la scelta del nuovo chitarrista ritmico, che ha lasciato il suo lavoro come avvocato di successo per entrare a far parte della band.
Steve Vai non sembra avere problemi con nessuna di queste domande, ama parlare, fa qualche digressione e inserisce di tanto in tanto qualche battuta di un’ironia sottile e intelligente. Mostra anche il suo lato più umano, in realtà. Riguardo il suo stato di salute, afferma di avere subito diversi interventi chirurgici, al collo, schiena, spalla e a un dito. Oltre a questo, in più momenti ricorda come da ragazzo avesse grossi problemi di autostima, tanto che all’inizio della sua carriera i complimenti lo mettessero in difficoltà, e che solo a un certo punto ne ha riconosciuto la sincerità e ha iniziato ad apprezzarli. Di Satriani in veste di insegnante ricorda la severità, il fatto che fin da giovane possedesse classe e fascino, e il fatto che il successo non lo ha cambiato, a differenza di molti altri colleghi. Sempre per quanto riguarda il passato, Steve Vai ha modo di rievocare anche il periodo trascorso insieme a Frank Zappa. Suonare insieme a lui era una sfida continua, in quanto Zappa era solito decidere la setlist dei concerti pochi minuti prima del loro inizio, cambiandola ogni sera, il che richiedeva grandi capacità di adattamento e di memoria. Per quanto riguarda invece il presente, i Polyphia vengono apprezzati in quanto esponenti di una nuova generazione di chitarristi, assolutamente straordinaria (al termine della masterclass, Steve Vai si esibirà anche in una jam con alcuni chitarristi giovani ma già con collaborazioni importanti alle spalle) e per avergli permesso di esprimersi senza costrizioni. Il nuovo chitarrista della band, Dante Frisiello, ha avuto l’onere, più che il compito, di sostituire Dave Weiner, ma è stato proprio il chitarrista storico della band di Vai a consigliarlo come suo sostituto. Frisiello era allievo di Weiner, uno dei suoi guitar tech e, aggiunge Vai, anche un buon compagno per i tour. “Non vado più in tour con gli stronzi, devono essere persone simpatiche e felici“.
Queste sono alcune delle risposte fornite da Steve Vai nell’arco di una serata che sembra non voler avere mai fine. Dopo la jam in do maggiore a cui si è accennato prima, c’è ancora tempo per ascoltare “For The Love Of God” eseguita dal vivo, e arriva il momento dei saluti. Si esce dall’Arlecchino come camminando su una nuvola e, mentre i chitarristi si scambiano opinioni all’esterno e la pioggia ha finalmente smesso di cadere, si avverte la sensazione di avere trascorso la serata quasi in compagnia di un amico, non di uno dei chitarristi più grandi della storia contemporanea.