Quella dell’utilità o meno delle cover band, almeno dal punto di vista di chi suona e almeno in Italia, dove è innegabile la diffusione del fenomeno, è una diatriba che probabilmente non troverà mai una conclusione. Facendo un paio di conti anche gli SteamRoller sono sostanzialmente una cover band di extra lusso, ma questa etichetta non vuole assolutamente essere riduttiva. Non capita tutti i giorni infatti di trovarsi di fronte a una band che ospita Doug Aldritch e Michael Devin, rispettivamente alla chitarra e al basso, a meno che, ovviamente, uno non sia a un concerto dei Whitesnake. Ma siccome David Coverdale si sta prendendo una pausa dalla musica attiva, gli altri componenti della band ne hanno approfittato per un piccolo tour europeo per conto proprio, di cui quella di Bologna è l’ultima data. Alla batteria c’è invece Joe Travers, in temporanea sostituzione di Brian Tichy, appunto attuale batterista dei Whitesnake.
Michael Devin è abbastanza abituato ad “aiutare” Coverdale dal vivo anche dal punto di vista vocale, difatti è lui, fra i tre, ad assumersi l’onere della voce, con risultati più che apprezzabili. Quello che colpisce subito nella band è il clima di grande rilassatezza, familiarità e complicità, il che non vuol dire che gli SteamRoller suonino svogliatamente, ma solo che riescono ad instaurare un contatto più stretto con il proprio pubblico, probabilmente anche aiutati dal fatto che l’evento si svolge in un teatro (lo stesso, tra parentesi, dove Aldritch si era già esibito da solo lo scorso febbraio). Il repertorio dei Whitesnake è solo una parte della ricca selezione eseguita dai tre musicisti, che unisce due grandi classici come “Cryin’ In The Rain” e “Slow ‘n Easy” a un brano recente come “Steal Your Heart Away”. Per il resto, si inizia e si finisce con due pietre miliari come “Immigrant Song” e “Smoke On The Water”, passando dai Mountain di “Never In My Life”, dal Michael Jackson di “Billie Jean” e da una curiosa versione di “I Shot The Sheriff” di Bob Marley. Pochi gli assoli, prevale lo spirito del rock nudo e crudo, indipendentemente dal tipo di brani suonati.
In apertura di serata troviamo invece i PurpleSnake, il cui esponente più noto è Oleg Smirnoff alle tastiere, e la Michele Luppi Band. I primi portano in pista un piccolo assaggio di brani targati Deep Purple, come “Highway Star”, “Stormbringer”, “Perfect Strangers” e Burn”, mentre il secondo, come di consueto, spazia maggiormente tra brani del suo repertorio personale, come “Trust”, tratta dal disco solista del 2005, o “Versions Of The Same”, che appartiene al periodo di militanza nei Vision Divine, e un paio di cover di lusso come “Is This Love”, unico riferimento ai Whitesnake per Luppi, ed “Heaven’s On Fire” dei Kiss. Ci sono tutti gli elementi, quindi, per poter parlare di una serata eccellente.