Esiste un collegamento tra lo snake oil, l’olio di serpente venduto sui carrozzoni da sedicenti dottori ai tempi della Guerra Civile, e gli antichi rimedi tradizionali della Cina. Pare, infatti, che la sua ricetta fosse arrivata negli Stati Uniti in seguito alla migrazione di centinaia di migliaia di operai, che lavorarono alla costruzione delle ferrovie americane. Per alleviare i dolori articolari derivanti dal duro lavoro, erano soliti cospargersi con il grasso del serpente d’acqua cinese, che contribuiva a ridurre l’infiammazione. Ma gli americani avevano cambiato la ricetta e puntato tutto su giocolieri, cani e cavalli ammaestrati, barzellette e intrattenimenti vari che facevano da contorno allo smercio della pozione miracolosa, “indorando la pillola” e invogliando così i potenziali acquirenti (farwest.it). Una storia improntata all’eccesso ed alla spettacolarizzazione, al tornaconto personale ed al bisogno di distrazione, che deve avere ispirato gli Snake Oil, formazione americana dedita al classic rock che dopo tanti anni spesi on the road ha finalmente deciso di consegnare ai posteri il primo, omonimo, album. Christelle Dussault (voce), Darren Moore (voce, tastiere), Kurt Krezanski (chitarre), Darcy Labiuk (basso) e Tim Sutton (batteria), nonostante l’immagine country ed i richiami ai classici (Whitesnake, Cheap Trick, Blue Oyster Cult, Slaughter), propongono in realtà un rock dal sapore moderno ed incalzante, ben rappresentato da uno dei singoli disponibili al lancio: “Vampire”, col suo drumming potente e le tastiere sinistre potrebbero tranquillamente collocarsi tra Death SS ed una qualsiasi buona band scandinava, suggerendo un quadretto grand guignol che poco ha a che fare con le fumose storie di frontiera.
Appena terminato il primo brano, però, l’atmosfera cambia completamente e “Snake Oil” diventa esattamente il disco che tutti si sarebbero aspettati: con un cambio di direzione che ha pochi precedenti, e che davvero ricorda il modo in cui i serpenti attaccano a volte in direzioni inaspettate, i cinque americani virano completamente verso sonorità d’ispirazione Great White, peraltro trascinanti e molto ben confezionate da ogni punto di vista. Ad una produzione perfetta, dinamica ma non eccessivamente analitica, fanno infatti da contraltare dei ritornelli molto orecchiabili, l’eccellente affiatamento delle due voci ed anche una bella varietà, che introduce in quasi ogni brano uno strumento o un effetto in grado di spostare – anche solo di qualche miglio – l’orizzonte sonoro. E tra suggestioni di sapore orientale (“Blood On Fire”) ed altre che riprendono in modo più sottile il modernismo della prima traccia (“Simon Says”) ci si ritrova tra le mani un prodotto che appartiene alla migliore tradizione del rock americano, di una varietà gestita bene, e che ben farebbe il paio con quel “Gifts from the Holy Ghost” che avevo eletto tra le migliori uscite dell’anno passato: un rock radiofonico ma non per questo meno ispirato che, pur non proponendosi di reinventare la ruota, diverte e convince per la professionalità evidente con la quale è stato condotto in porto. Anche grazie alla bravura di Christelle, autrice di alcune tra le migliori interpretazioni del disco (“Breathe Again”), è allo stesso tempo chiara l’influenza dei modelli femminili nella messa a punto del suono degli Snake Oil: non solo artisti in ambito hard rock, dunque, ma anche Sheryl Crow, Joan Osborne e la stessa Dorothy Martin meriterebbero almeno un saluto, perché è anche grazie alla sua capacità di spizzicare con innocenza che “Snake Oil” convince fin dai primi ascolti, suonando famigliare ma senza scadere nella noia di una copia carbone.
Il fatto che la preparazione tecnica dei musicisti passi quasi in secondo piano, nonostante gli ottimi assoli e la solidità della sezione ritmica, è un’ulteriore testimonianza del modo in cui il gruppo lasci che a parlare sia la musica: complice una nota biografica non particolarmente dettagliata, l’unica alternativa è allora quella di ascoltare e riascoltare, godendosi senza pensieri una buona ballad (“Dance In The Rain”) oppure il dolce-amaro che contraddistingue alcuni episodi (“Can’t Put Out This Fire”). Pubblicato dalla danese Lions Pride Music, “Snake Oil” ci presenta una band che con il proprio album di debutto ha saputo efficacemente riversare su disco tutta l’esperienza accumulata negli anni attraverso il Canada e gli Stati Uniti, esibendosi in grandi festival, sale da casino, arene e teatri. Il disco contiene tutto l’entusiasmo di un live show consegnato all’immortalità dei bit, tutta la speranza di una formazione che sa di avere tra le mani un prodotto interessante ed anche una ventata di leggerezza (“Sex Drive”) che, paradossalmente, conferisce ulteriore peso ed importanza a questa uscita, completandone in un certo senso la visione.

Etichetta: Lions Pride Music Anno: 2023 Tracklist: 01. Vampire 02. Blink Of An Eye 03. Blood On Fire 04. Make Believe 05. Make Believe 06. Simon Says 07. Sex Drive 08. Dance In The Rain 09. This Wolf Doesn't Fight 10. To Believe 11. Breathe Again 12. Can't Put This On Fire 13. Love Is A Battlefield (Bonus Track) Sito Web: facebook.com/ikonsofrock |