Un avvenimento come questo non ha certo bisogno di presentazioni e il numeroso pubblico presenta al Mazda-palace conferma l’attesa che circondava l’apparizione contemporanea di due band amate e odiate come Slipknot e Slayer. Il concerto viene aperto dai bravi Hatebreed di cui riusciamo però a vedere solo la chiusura del set a causa del cronico ritardo a cui ci obbligano gli orari dei concerti milanesi. Aspettiamo pazientemente l’arrivo dei nove pazzi mascherati, anche per capire quali cambiamenti possono esserci stati nelle esibizioni live dopo il più ragionato ultimo lavoro in studio. Lo show dura poco più di un’ora in cui la band alterna brani recenti (‘The Blixters Exist’, ‘Vermilion’) e classici spaccatutto come ‘The Heretic Anthem’, ‘Surfacing’, ‘Sic’, ‘Spit It Out’ e , ovviamente, ‘Wait And Bleed’. Il suono assolutamente impastato rende difficile un giudizio sulla qualità musicale della band, di certo hanno impressionato per le capacità di intrattenitori che tutti riconoscono loro, ma la voce sfiatata di Corey Talyor e le chitarre che più volte vanno fuori tempo lasciano l’impressione che i limiti siano belli grossi. Da qualsiasi angolazione si cerchi di guardarli gli Slipknot restano una band straordinariamente contrattuale: ti promettono spettacolo, coinvolgimento, casino… Ed è esattamente quello che ti daranno, nulla di meno e nulla di più. A spazzare ogni paragone pensano dopo una ventina di minuti gli headliner. Pur restando evidenti i problemi di suono, con un volume incredibilmente basso e poco uniforme (bilanciato se si era esattamente davanti al palco, ma assurdamente carente sui lati) che ci rende udibile la chitarra di Hanneman solo al quarto pezzo, il carisma e l’assoluto controllo della band sono palpabili, così come l’essenzialità devastante della loro musica. Si comincia con ‘Disciple’, ed il putiferio scatenato assomiglia ad un girone infernale. La band si dimostra in forma (con un Lombardo superlativo), anche se con il passare del tempo la voce di Araya è diventata meno acuta e la scaletta più incentrata su brani di media velocità. Comunque strepitose ‘Bloodline’, ‘South Of Heaven’, ‘Mandatory Suicide’, ‘Dead Skin Mask’… anche se i più grandi istigatori di violenza rimangono ‘War Ensamble’, la massacrante ‘Angel Of Death’ e la pioggia macabra di ‘Raining Blood’ che chiude il concerto dopo circa 80 minuti. Troppo breve, anche perché un bis se lo aspettavano davvero tutti. Un eloquente gesto di King lascia intendere però che oggi più di così non riuscivano a dare. Peccato. Non abbiamo comunque dubbi che li rivedremo presto dalle nostre parti.
Le foto sono di Luca Bernasconi.
La tracklist del concerto degli Slayer è stata gentilmente fornita da Joey G.