Slash Feat. Myles Kennedy & The Conspirators: Live Report e foto della data di Servigliano

Le Marche non sono mai state al centro del mondo del rocchenrolle, è inutile negarlo. Un luogo un po’ “così”, perso tra volontario ascetismo e mistica leopardiana. “Il naufragar m’è dolce in questo mare”, niente di più vero. Ma da qualche tempo a questa parte la piccola regione plurale qualcosa offre, prima qualche locale gestito da illuminati pionieri, poi qualcosa di più concreto e sempre più concerti magari di “media levatura”. Poi qualcosa scatta, qualcuno lancia il cuore oltre l’ostacolo e si inventa un appuntamento annuale in uno dei borghi più belli d’Italia, Servigliano, NoSound Fest.

Il primo anno giochi facile (2016), chiami Caparezza e porti diverse migliaia di persone. In pratica costruisci. Il secondo anno provi a puntare in alto, lanci i Deep Purple ed allora il nome gira. “Ehi ma lo sai che…”. Il terzo anno giustamente cerchi di mantenere e giochi di mainstream con J.Ax e Fedez. Sì, è poco TRVE, ma ci sta, non di solo acciaio inox vive l’uomo, c’è bisogno anche di un po’ di ruggine di tanto in tanto. L’anno scorso riporti su coordinate rock con i Kasabian e nell’anno del Signore 2019 punti ad una delle leggende del rock: Slash. Che per l’occasione (e da qualche anno) si fa accompagnare da quel portento di Myles Kennedy e da un trio di “Cospiratori” di tutto rispetto.

Andiamo con ordine, arriviamo al Parco della Pace (ex campo prigionia durante prima eseconda guerra mondiale, di internamento/transito nazifascista per gli ebrei durante la seconda guerra mondiale e poi campo profughi per gli esuli fiumani, istriani e dalmati) e quei freschi 30 gradi all’ombra sono un balsamo dopo aver vinto la fornace termonucleare di Bologna. A tutto questo mettente in conto anche una piacevole distesa verde, alberi ed ombra e bevande a prezzi modici ed avrete la tranquillità fatta concerto. E niente zanzare. Il dio della musica questa volta ci ha davvero risparmiato.

Ad aprire per il buon Mr. Hudson ecco un gruppo hard blues della zona, gli E.Z. Riders. Una discreta prestazione, un gruppo che sul palco sente davvero la tensione e l’emozione di nomi ben più pesanti dietro di loro, ma si gestisce bene e qualche buona canzone la tira anche fuori. Applausi, discreto mestiere sul palco ma la folla non stava di certo aspettando loro.

Con le ultime lame di sole all’orizzonte la folla esplode mentre vede salire sul palco Slash insieme a tutti i “Cospiratori” e le frustate iniziano a diventare reali perché la band è in forma, il tiro è quello da stadio U.S.A. e la voglia di spettacolo è tanta. I nostri partono subito a mille all’ora, iniziano a macinare canzoni e quando partono “The Call Of The Wild” e “Halo” il pubblico è già ai piedi della band. Myles alla voce piace sempre tantissimo (forse vederlo senza chitarra appesa a tracolla è come vederlo privo di una dimensione, ma sono dettagli) e quando la scaletta sceglie di affondare le mani nel nuovo materiale i cinque sul palco vincono con una facilità disarmante.

“Apocalyptic Love”, “Back From Cali” e “Shadow Life” prima dell’incursione del tarantolato bassista/cantante Todd Kerns. Per lui “We’re Alla Gonna Die” e “Doctor Alibi” (ai tempi del disco di Slash del 2010 cantata dall’immortale Lemmy) ed il boato del pubblico ad ogni sua posa. Molto fumo, molto arrosto. Una sorpresa.

Il concerto vola, Slash regala un solo-fiume con “Wicked Stone” e poi si arriva all’esplosione della folla (quanti eravamo? Buona domanda, ero in terza fila quindi un numero ben preciso non saprei dirvelo, ma decisamente molte migliaia, a naso più di 5.000) con “Nightrain” che non perde un grammo del suo potenziale dirompente ed anarchico. “Starlight” (sempre strepitosa) e “You’re A Lie” prima dell’ultimo paio di canzoni per salutare i tanti presenti.

“Sa fare quattro accordi”, “Fa sempre lo stesso assolo” e “Senza Axl non è nessuno”.

Queste solo alcune delle stronzate (francesismo, scusate) che i detrattori sono soliti raccontare di Slash, peccato che gli stessi si siano persi uno degli show più intensi e divertenti degli ultimi anni.

Saverio Spadavecchia

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Capellone pentito (dicono tutti così) e giornalista in perenne bilico tra bilanci dissestati, musicisti megalomani e ruck da pulire con una certa urgenza. Nei ritagli di tempo “untore” black-metal @ Radio Sverso. Fanatico del 3-4-3 e vincitore di 27 Champions League con la Maceratese, Dovahkiin certificato e temibile pirata insieme a Guybrush Threepwood. Lode e gloria all’Ipnorospo.

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