In piena calura estiva il sempre più ottimo Dagda di Retorbido (locale da supportare senza se e senza ma, una vera e propria ancora di salvezza per gli amanti del metal) dedica una serata al folk metal interpretato con la sua anima più power, melodica e classica dagli argentini Skiltron e con il taglio più furente, estremo e prettamente folk dagli italiani Furor Gallico. I latino-americani sono i primi a salire sul palco circa un’ora dopo l’orario previsto ed i presenti, non numerosissimi ma molto interessati, si raggruppano intorno al palco e fin dalle prime battute dell’iniziale e trascinante “The Lion Rampant” (opener di “Into The Battleground” del 2013) si percepisce come la band sia in grado di far divertire ed esaltare il proprio pubblico.
Ho definito il gruppo come argentino ma in realtà, come ho avuto modo di approfondire alla fine dello show, ormai i nativi della nazione citata rimangono il fondatore chitarrista e maggior compositore Emilio Souto ed il bassista Ignacio Lopez; al contrario il cantante Martin MacManus è inglese, il suonatore di cornamusa Pierre Delaporte è francese mentre il session alla batteria (che sostituisce Marias Pena diventato papà) è finlandese; considerando poi che tutti i musicisti citati vivono in differenti stati europei e parlano della storia scozzese potremmo definire ormai i Skiltron come un vero e proprio gruppo internazionale.
Lo show dei nostri propone alcuni ottimi brani del passato come la scatenatissima “Bagpipes Of War” il cui coro viene cantato da tutti o l’inno conclusivo “Skiltron” ma la parte più significativa della performance è dettata degli ottimi pezzi dell’ultimo “Legacy Of Blood” (2016), ad oggi probabilmente il miglior lavoro dei nostri. L’anthem “Highland Blood” ci ricorda i Grave Digger (quelli di “Tunes Of War”), mentre la ritmatissima e veloce “Hate Of My Life” e la cadenzata “The Taste Of Vicotry” (complice il suo intro piratesco) ci riportano sulla rotta dei Running Wild ed infatti il gruppo sembra un ottimo mix fra le due band citate con un’importante e decisiva dose di personalità che rende queste canzoni divertenti e coinvolgenti.
Il concerto si chiude fra i meritati applausi di un pubblico che ha supportato a dovere i musicisti che indossano come di consueto il gonnellino scozzese d’ordinanza.
Una pausa non molto lunga ci divide dallo show degli italiani Furor Gallico che, appena saliti sul palco, ci fan capire come l’approccio delle serata sia assolutamente dettato da una ferocia non comune. L’estremismo dello show è dettato da un lato dall’assenza di Becky all’arpa celtica e dai suoni che tagliano un po’ le gambe al violino ed al flauto esaltando invece la chitarra di Gabriel, la batteria di Mirko e la voce di Davide, ottimo frontman che riesce senza problemi a passare dalla voce pulita ad un growl death ed infine ad uno screaming tipicamente black.
Quest’approccio più cattivo rende un po’ diverse rispetto al CD canzoni come “Wild Jig Of Beltaine” o la vecchia “The Gods Have Returned” mentre i classici come “La caccia morta” o “La notte dei cento fuochi” ricordano comunque quell’affascinante gusto folk che le contraddistingue.
Non mancano le sorprese in questo concerto molto coinvolgente che rende il pubblico sempre più partecipe; prima di tutto Gabriel dichiara l’intenzione dei monzesi di voler dedicare un tributo al recentemente scomparso Vinnie Paul dei Pantera ed ecco che i nostri si lanciano in una divertente versione di “I’m Broken” che certifica l’intenzione dei nostri di dedicare la serata ad un sound più estremo. Altra sorpresa è l’annuncio dell’intenzione di voler pubblicare il nuovo e terzo album nel 2019; segue quindi l’esecuzione di un pezzo totalmente nuovo che farà parte dell’opera in cantiere e di cui Davide non precisa il titolo ma che suona perfettamente come una classica song Furor Gallico, in grado di fondere alla perfezione melodica ed estremismo sonoro. I fan della band apprezzano e seguono i propri beniamini fino ai saluti finali con grande trasporto chiudendo una serata di puro folk metal che soddisfa tutti.