Sitting Bull: Live Report

MERENDINE ATOMICHE 20-06-2003

Il nome può farvi sorridere, certo, ma di sicuro non hanno riso (se non per l’entusiasmo di assistere ad un gran bel concerto) quei pochi (ma fortunati! Così impara chi si perde show del genere, scusate lo sfogo) che erano presenti venerdì 20 Giugno al Sitting Bull, dove le Merendine Atomiche hanno veramente messo k.o. tutti. Forti del CD di debutto ‘Walking Across the Fire’, l’ex-tribute band ufficiale dei Metallica ha fatto sfoggio dei suoi muscoli musicali allenati dal thrash Bay-Area perfettamente inserito nell’attualità dei suoni del presente. ‘Walk Across the Fire’, ‘Revenge’ e ‘Game Over’ per il nuovo album, ‘Mental Agony’ e la title-track per quel che concerne il demo ‘Holy Metal’, hanno messo in evidenza una possente e scioltissima sezione ritmica, con un drum-work vario e veloce, chitarre possenti, in grado di lanciare con la giusta fluidità riff massicci, figli dei migliori Pantera e di band illuminate come sono stati gli ultimi Forbidden, a velocità elevate, dove la mutazione ritmica è sempre in agguato. Assoli tecnici ma contenuti sono il massimo dell’orpello che il quintetto padovano si concede in un suono squadrato e ripulito da eccessi o sbavature, dove spicca la bella ed personale interpretazione di un singer all-rounded, che passa da sporchi e puliti in maniera più che convincente. Va detto, senza ombra di dubbio, che i cinque veneti devono ancora crescere e svilupparsi sotto il profilo del songwriting, poiché l’ombra delle band di riferimento sopracitate è ancora di notevoli dimensioni, ma si possono vedere ben definiti i lineamenti della loro personalità brillare in questa ‘twilight zone’. Il concerto si chiude con la stessa modalità d’apertura: prima ‘Leper Messiah’ e ‘Disposable Heroes’ hanno dato il calcio d’inizio. Tocca a ‘Battery’ effettuare il triplice fischio finale, il ricordo delle origini, che si spera, verranno usate per creare un futuro. Per ora un bravi realmente meritato.

RAPID FIRE+DEATH OR GLORY 21-06-2003

Heavy classico a profusione sabato 21 Giugno al Sitting Bull, dove le due band (genovese la prima, meneghina la seconda) dei Death or Glory e Rapid Fire hanno dato sfoggio di due stili differenti di questa corrente: quella più ruvida tedesca che ha tra i suoi maggiori esponenti Grave Digger e Running Wild ed il filone più melodico, punto d’incontro tra il classicismo della Gran Bretagna e lo speed degli Helloween. Apertura affidata ai ruvidi, ma con cervello, Death or Glory, autori di un full-legth, che hanno aperto con l’anthem dei bucanieri ‘Under a Jolly Roger’, per poi dare spazio alle proprie creazioni che portano il nome di ‘Scream of Fear’, ‘Consacreted Steel’ e ‘Ghost Knight’. Sound possente e veloce, che unisce la quadratura musicale di band come primi Rage o Grave Digger alle caratteristiche di un singer potente, ma dalle indubbie doti tecniche e d’estensione, piacevole mix per una formazione che ha fatto passi da gigante rispetto alla prima volta che li vidi (circa due anni fa) e ad un esordio discografico sciagurato. Il cavallo di battaglia di Ozzy ‘Mr.Crowley’ chiude un buon concerto, dove perizia ed energia sono state le caratteristiche principali del combo ligure.

Salgono sul palco i lombardi Rapid Fire, freschi autori di un secondo demo-CD, ed anche in questo caso la serata ci riserva alcune (piacevoli) sorprese, prima fra tutte la presenza (che ritroviamo anche sulla loro nuova release) di Antonio, già singer dei Sigma ed ora al lavoro anche con la nuova promessa del progressive ‘all-round metal’ Komaday (oltre che con i succitati Rapid Fire). ‘Wild Obsession’ dal lo start al loro show e ci si trova di fronte alla seconda sorpresa: vale a dire una band che, anche in questo caso, ha fatto passi in avanti clamorosi, vuoi anche per una formazione finalmente completa e stabile, composta da membri di sicuro valore tecnico. Qui, stilisticamente parlando, possiamo fare il discorso inverso dei Death or Glory; lo speed melodico e con riferimenti classicheggianti dei Rapid Fire, che si producono in una bella rivisitazione dello strumentale dei Rondò Veneziano ‘Odissea Veneziana’, si mischia ad una potenza di drumming (notevole il loro batterista alla doppia cassa, ma non solo) ed un riff-o-rama di matrice classica, quasi con riferimenti a band americane quali Omen, oppure a giri vagamente folk come quelli creati dagli Skyclad. Questo però è solo un tappeto per composizioni come ‘Dancing in the Pain’, ‘Red Passion’ o l’omonima ‘Rapid Fire’ (che non è la cover dei Judas, visto che della band di Tipton hanno eseguito ‘Jawbreaker’), le quali mostrano, grazie agli assoli classicheggianti ed alla voce pulita e cristallina di Antonio, anche se non impeccabile in certe esecuzioni (forse per il poco tempo a disposizione, visto che è entrato nella band di recente), la natura tipicamente melodica. Bel concerto comunque, con il singer che si riscatta pienamente nei pezzi finali, vedi la cover dei Running Wild ‘Riding the Storm’, per una serata all’insegna delle nuove promesse del metal classico.

KILAWEA 26-06-2003

Cover di corposo rock da alta classifica al Sitting Bull. Di scena i vogheresi Kilawea, quartetto con un repertorio a base, principalmente, di cover rock, con un repertorio molto eterogeneo, come I.N.C.U.B.U.S., Nickelback, Rage against the Machine. La formazione si dimostra certamente abile, sotto il profilo strumentale, riuscendo a rendere molto bene anche l’energia ed il ‘tiro’ che i pezzi avrebbero nella versione originale, grazie anche ad un buon cantante, specialmente sotto il profilo melodico e dell’uso delle vocalità pulite, mentre appare più avulso dal contesto aggressivo di certi pezzi. Buona prestazione, anche, se a dire la verità, una cover band dal repertorio così variegato e che si cimenta con high-light così conosciuti, dovrebbe mostrare un maggior mordente sulle assi del palco. Al di là di questa considerazione, lo show dei Kilawea è stato sicuramente godibile per una platea appassionata al rock degli ultimi tempi, nelle sue più riuscite metamorfosi.

APHELION+NUMORTEVOX 27-06-2003

Le contorsioni compositive del metallo estremo fanno tremare ancora il Sitting Bull, grazie alle prestazioni dei due combo cremonesi Numortevox e Aphelion, venerdì 27 Giugno. Ad aprire quest’appuntamento con la frontiera più imprevedibile della violenza sonora i Numortevox, quintetto dedito ad una miscela di death melodico sulla scia dei primi Dark Tranquillity ed In Flames (dei quali eseguiranno anche ‘Episode 666’), ma condito da ricercatezza, complessità e pesantezza tipiche dei sacri territori della Florida, dai quali giunge la splendida cover di ‘Suicide Machine’, targata Death. Per quanto riguarda il sound della band, brani quali ‘The Fatal Belringer marries the Evening’ o ‘Chaos of Non-Illusion’, che ha chiuso la serata, hanno mostrato una formazione molto a suo agio sul palco e nel songwriting, dove la personalità si fa largo con prepotenza, anche se rimangono ancora forti le reminiscenze del suono svedese. Per il resto, riffing, batteria e, soprattutto, l’infernale voce del singer, fa solo ben presagire per il futuro, vista l’originalità del mix che stanno tentando di proporre. Sempre così, non fermatevi.

Con i concittadini Aphelion, si passa su di un versante da sempre poco battuto nella scena metal, ma ricco di fantasia e fascino, vale a dire il thrash tecnico e melodico che incorpora l’anima estrema e quella melodica del metal moderno. Potenza e velocità (gran bel lavoro del batterista, uno dei migliori in campo per la doppia cassa ed il suono splendidamente secco del rullante) tipiche del power/thrash americano melodico (leggi Annihilator), miste ad alcune costruzioni più sinfoniche e lineari delle band teutoni, ma sempre lontano dagli stereotipi; così appaiono i brani ‘Temple odf Gods’, ‘Hidden Skies’ ed ‘Explode in Fear’, dove un’ottima sessione strumentale, dove spicca anche una buonissima chitarra solista (al pari di quelle sfoderate dei Numortevox), sono il nerbo di una band che può essere paragonata, con le dovute cautele, agli Helloween di ‘Better than Raw’. Unico neo, a dir la verità, in una performance di sicuro rilievo, è il singer, che mischia un cantato aggressivo con tecniche growling di stampo a volte anche black, sicuramente il suo pezzo forte, con puliti aspri, deficitari, però, sotto il profilo tecnico ed espressivo, come si può riscontrare nella cover ‘Sole Survivor’ delle Zucche di Amburgo. Il singer cremonese si riscatta, per ciò che concerne i puliti, con una discreta prestazione nel corso della serata, ma la cover di ‘Over the Wall’ (Testament) seppur di discreta fattura, mette a nudo i soliti difetti su cui è necessario lavorare. Peccato, perché anche in questo caso, la proposta degli Aphelion appare interessante e personale, lontana da quel lago stagnate di band che rifanno all’infinito ‘Keeper….’ Senza nemmeno azzeccarne la grandeaur dell’intro. Due gruppi da seguire con grande attenzione.

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