In copertina, Notre Dame de Paris è teatralmente avvolta dalle fiamme: i Seth sono tornati.
I francesi vanno annoverati tra le band più talentuose del black metal sinfonico di fine anni ‘90. Chi ha ascoltato e apprezzato i Dimmu Borgir e gli Old Man’s Child degli esordi, che per primi si discostarono dagli Emperor con l’introduzione di elementi malinconici, chi vide svilupparsi il verbo incarnato da Thyrane, Gehenna, Mactatus, dei primissimi Nokturnal Mortum, Mystic Circle, And Oceans e Catamenia, sa che si parla dell’élite del black metal sinfonico europeo. In caso contrario, un ripasso aprirà certamente i nuovi orizzonti musicali di chi ama un sottogenere cupo, ma da sempre prettamente melodico. Chiarisco ancora una volta che a dispetto di indubbie affinità, il rapporto tra queste band, certamente impegnate da un impiego di tastiere mai invasivo, da sempre poggiante su strutture chitarristiche rigorosamente black metal, con gli esordi dei Cradle of Filth, è sempre stato assai blando. Semplicemente, in quegli anni si andava inevitabilmente a sviluppare una variante di compromesso che, nonostante tutto, spesso e volentieri fece storcere il naso a non pochi seguaci della frangia pura e grezza della prim’ora.
Dicevamo, sono tornati i Seth, autori di due gemme nere sfaccettate come “Les Blesseures de l’Ame” (1998) e, ancor prima, non scordiamolo, dall’altrettanto brillante mini album “By Fire, Power Shall Be…” (1997). In verità, la band non era mai davvero sparita, né si era sciolta: dopo una svolta piena zeppa di riff death metal mischiati al black, tanto in auge nei primi anni ‘2000, inaugurata da band come gli Zyklon di Samoth (Emperor), poi spariti, dai Belphegor e con esiti più decisamente brutal e in tal senso, off topic, dai multiformi Behemoth, tra i pochi a sopravvivere al cambio di marcia, anche i Seth si accodarono alla moda “black-death” del momento con “The Eccellence” e soprattutto, “Divine-X”: dopo questi ed altri album peraltro discreti ma poco personali, si poté formalmente annoverare anche i Seth tra le band trapassate…Poi, come per magia, dopo sei anni di silenzio, nel 2019 il ritorno fu annunciato da un bel live album che riproponeva la perduta magia dei vecchi cavalli di battaglia. Infine è arrivato un nuovo studio album, che come spesso capita, rimette in discussione buona parte di una carriera compositiva per tornare ai fasti degli esordi. Morale della storia, a ben ventitré anni di distanza dalle pietre miliari, la Season of Myst lancia il nuovo “La Morsure Du Christ”, che nemmeno a farlo apposta riprende pari pari il discorso lasciato interrotto dallo storico “Les Blessures De L’Ame” rilanciando i Seth nel circuito che conta. Nostalgia canaglia…
Il ritorno alle origini, anche dal punto di vista tematico, è palese. “La Morsure Du Christ”, senza volersi nuovamente stravolgere, è un vero come-back ripescato dagli esordi, improntato sulla melodia evocativa di un rinnovato vampirismo tipico della band, con tanto di sottintesa denuncia al rogo delle vanità: quello rappresentato dall’incendio di Notre Dame de Paris, immortalato dal lavoro di copertina. Forse noi, tanto più per via del Covid, dopo tante grida abbiamo già archiviato la terribile esperienza parigina. Non dobbiamo invece scordare che i Seth, francesi, hanno vissuto l’episodio più da vicino, anche da un punto di vista simbolico, come la morte di un’epoca: non di un genere musicale che peraltro, proprio come un vampiro, per continuare a vivere necessita di continue iniezioni goticheggianti, visive quanto sensoriali. Non a caso, la band dedica un nuovo brano a “un’ex cattedrale”: com’è dura vivere senza il gotico, che sia in fiamme o meno…
Allo scopo di non disperdere quella tipica magia a cui si accennava, anche dal punto di vista della registrazione i sette brani del nuovo album paiono davvero incisi vent’anni or sono: l’approccio vintage, molto “true”, è voluto e cercato. Come in passato, l’uso della lingua madre francese, impiegato in forma arcaica optando perfino per una composizione metrica poetica, dona all’album il desiderato pathos decadente. Lungi dall’essere l’osannato capolavoro che taluni sensazionisti vorrebbero farci credere, “La Morsure Du Christ” è senza dubbio un album solido, nel vecchio stile dei Seth, composto da brani maggiormente coinvolgenti (tracce 1, 2, 3 e 6) ed altri, attestati su un livello di qualità più che sufficiente: pur non raggiungendo le vette del passato, ci troviamo di fronte a un gradito ritorno in grado di donarci una buona media qualitativa. In ogni caso, credo che in sede compositiva la band potrebbe fare ancora meglio. Cosa dire di più? Ora possiamo aspettarci perfino la reunion dei Thy Serpent, grande gruppo symphonic black finlandese mai abbastanza apprezzato che, tra le altre cose, musicalmente parlando diede i natali al compianto Alexi Lahio (Children of Bodom): manco a farlo apposta, dopo ventun lunghissimi anni di gelo qualcosa pare smuoversi perfino nella terra dei Finni…