Sede Vacante – Recensione: Conium

Fondati nel 2015 dal chitarrista e compositore Michael Tiko, i Sede Vacante sono una formazione greco/finlandese il cui debutto discografico, “Skies Infernal” (2017), non ha per la verità suscitato consensi propriamente unanimi. Accusati di essere troppo derivativi, soprattutto nei confronti di Nightwish e Within Temptation, i nostri hanno quindi pensato bene di concedere una bella rispolverata alla propria line-up per dare vita ad un secondo album che potesse essere non solo più veloce e pesante rispetto al debutto, ma anche un pochino più personale e rappresentativo di ciò che i quattro sono. E’ dunque apprezzabile che, con tanta strada da percorrere in salita per riguadagnare credibilità, anche la descrizione dell’album non si perda in inutili giri di parole: messi subito in chiaro i debiti artistici nei confronti di Evanescence, Lacuna Coil ed Epica, è però quella promessa di catchy choruses amidst smart electronic elements che solletica la curiosità di quanti vorranno dare al gruppo, oggi fronteggiato dalla francese trapiantata ad Helsinki Stephanie Lucretia Mazor, una seconda possibilità. Nonostante la relativa inconsistenza dell’intro “Furia”, “Conium” si apre in realtà all’insegna di un metal moderno, piuttosto ritmico e grintoso, che quasi sembra volersi liberare in un colpo solo del peso del Paragone.

Rispetto ai grandi nomi citati in precedenza, i Sede Vacante sposano una stile più scuro e lineare, meno gotico e più orientato ad un metal moderno (“The Bride”) ed atmosferico (“Mistaken”). Coerentemente con questa impostazione asciutta, gli interventi sinfonici sono contenuti e spesso delimitati, come se non si fosse avvertita l’urgenza di etichettare ogni singolo passaggio come sinfonico: sono piuttosto la voce di Stephanie e la batteria di Jannis K (Naked Idol) a prendersi il centro della scena, trovando in questa scelta un motivo se non di vera originalità, almeno di diverso ed in parte coraggioso per la messa fuoco operata. Sotto questo aspetto, trovo che il continuo richiamo ai soliti nomi sia controproducente per un disco di rivalsa che in più punti dimostra una certa ambizione, una buona consistenza (“Conium”) ed un drive che, per dire, va ben oltre quanto proposto da molte delle produzioni a stampo offerte dalle major.

Io avrei citato piuttosto Chaos Magic, Bloodbound e Kamelot, giusto per rimescolare carte ed aspettative, ma probabilmente dei rimandi così laterali non avrebbero funzionato né invogliato nessuno a prendere in mano questo disco. Un altro punto a favore è la considerazione che la promessa di cori intriganti ed elementi elettronici smart è in gran parte rispettata: che queste melodie dimesse abbiano il merito di non fotocopiare quanto proposto da altre formazioni affermate è già di per sé una notizia, mentre per quanto riguarda gli elementi intelligenti… ci limiteremo ad apprezzare la loro poca invasività ed un innesto che risulta generalmente opportuno e piacevole (“Walk On A Lie”), senza annacquare in alcun modo i passaggi più duri e spigolosi.

Alla fine degli ascolti la lista delle conquiste realizzate dal secondo disco dei Sede Vacante è inaspettatamente lunga, risultato che profuma doppiamente di vittoria se pensiamo ai cambiamenti che la band ha dovuto affrontare dopo un debutto non esaltante. In prima battuta, “Conium” suona pesante e sicuro (“Raindrops”), lasciandosi alle spalle ogni residuo di esitazione ed insicurezza per abbracciare un nuovo corso. In secondo luogo, un’uscita apparentemente minore come questa si dimostra in grado di affrontare il difficile mercato del sinfonico al femminile senza risultarne travolta, riuscendo al contrario ad imporre qualche scelta stilistica atipica e pure una buonissima cover di “Paint It Black” che con il suo incidere sinistro non avrebbe sfigurato in un film di Dario Argento. Infine, vale la pena sottolineare la bontà della performance di Stephanie che contribuisce in modo decisivo alla personalità del prodotto, nel momento in cui interpreta ogni brano – anche quelli sulle prime meno accattivanti – con un misto azzeccato di tecnica e carattere (“Melancholy Bled”) che sorprende per maturità, presenza e controllo.

Vero, questa seconda opera dei Sede Vacante potrebbe dare l’impressione di stupire più per quello che non è, ed avremmo pensato che sarebbe stato, che non per quanto è effettivamente contenuto nei suoi cinquanta minuti abbondanti. In realtà da questo piccolo disco, di sostanza greca e presentazione finlandese, arriva non solo una quantità interessante di buona musica, ma anche una lezione di quella resilienza duepuntozero che, dopo un passo falso, ci permette di tornare non solo allo stato originale, ma addirittura più forti e convinti. Sulle pagine di metallus e non solo.

Etichetta: Scarlet Records

Anno: 2022

Tracklist: 01. Furia 02. Mistaken 03. Dead New World 04. Conium 05. Raindrops 06. Paint It Black 07. Melancholy Bled 08. Walk On A Lie 09. The Bride 10. Wheel Of Misfortune 11. Tattoo
Sito Web: facebook.com/sedevacanteband

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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