Recensione: Letters From The Edge

A sei anni di distanza dal precedente “Eternal Recurrence”, ritroviamo con piacere gli ungheresi Sear Bliss. Poco conosciuti ma tenaci, i Sear Bliss arrivano all’ottavo album in studio tagliando il significativo traguardo del venticinquesimo anno di attività. “Letters From The Edge” ribadisce la qualità discografica del gruppo, ancora una volta autore di un platter caratteristico e di buonissimo livello.

Forti di una line-up completamente rinnovata, ad eccezione naturalmente del leader Andràs Nagy (voce, basso e tastiere), i Sear Bliss si rimettono in carreggiata con la loro concezione di black metal atmosferico e melodico adottando soluzioni certo non nuove o sorprendenti in senso assoluto, ma utilizzate nel migliore dei modi. Nei suoi cinquanta minuti di durata, “Letters From The Edge” inanella una serie di brani semplicemente interessanti e ben realizzati, con melodie guida indovinate e variazioni sul tema furbescamente diluite.

Lo dimostra subito “Forbidden Doors” che, introdotto dalla traccia strumentale e acustica “Crossing The Frozen River”, parte con dei ritmi serrati per poi sfociare in un mid tempo costellato da profonde orchestrazioni wagneriane, spruzzate di elettronica mai invasiva e strumenti tangenziali come il trombone, a rafforzare il mood epico del pezzo. Ciò che si percepisce è un gusto vagamente progressivo e d’avanguardia, a ricordare alcune cose degli Arcturus anni ‘90, ma anche dei primi Dimmu Borgir e dei Summoning.

Episodi come “Seven Springs” e “A Mirror In The Forest” sono ottimi esempi di black epico/melodico che fa leva sul riscontro emozionale, non mancano però momenti di maggiore libertà espressiva, ad esempio la lunga suite “Leaving Forever Land”, oltre dieci minuti dal flavour leggermente dark e psichedelico. Non poteva mancare una piccola ruffianeria, ovvero “Haven”, pezzo orecchiabilissimo che strizza l’occhio alle sonorità estreme più recenti.

Un platter privo di cedimenti che ribadisce la bontà di una band che forse non avrà mai fatto il botto, ma prosegue per la sua strada con grande determinazione. Un ascolto consigliato.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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