Recensione:Forgotten Paths

Mai come in questi ultimi anni il black metal ha goduto della libertà di mescolare al nero dei sogni partoriti da Varg Vikernes ed il bianco accecante delle nevi norvegesi tutti gli altri colori della tavolozza musicale, a seconda dei gusti e della sensibilità dell’autore. Nel caso di Andy Marshall, i temi che caratterizzano la musica prodotta dal moniker Saor (“Libero” in gaelico, appunto) sono l’azzurro ed il verde dei paesaggi scozzesi. Il progetto ha attratto, sin dalla sua nascita (2013), la curiosità degli amanti del genere, grazie alle sue peculiarità: mentre nella maggior parte delle contaminazioni le influenze esterne sono incastonate all’interno di una struttura comunque rigida e fedele al genere, quello prodotto da Saor (definito dallo stesso come Caledonian Metal e suonato insieme ad un gruppo di talentuosi turnisti) è a tutti gli effetti il suono di un collettivo orchestrale che incorpora anche elementi black metal. Difficile definire altrimenti “Forgotten Paths“, brano che apre ed intitola il quarto album della band, a tre anni da “Guardians“, dieci minuti mozzafiato in cui, a chitarre acustiche ed archi si affiancano lungo la strada blastbeat e growl in un crescendo epico che si fa cavalcata, resa meno solitaria dalla presenza amichevole di Neige degli Alcest. Difficile comunque assimilare gli scozzesi agli autori di “Souvenirs d’un autre monde“; alla malinconia struggente che impera nei lavori dei francesi Andy Marshal contrappone un’epica ariosa, da epopea fantasy. Altrove, invece le ossessive reiterazioni di frammenti melodici fanno pensare all’immagine che Mike Oldfield potrebbe avere del black metal (“Monadh“), mentre “Bròn” accentua le sfumature folk, grazie alla presenza di un’eterea voce femminile che accompagna e addolcisce il growl del leader. Eppure, a dispetto dell’imponente Wall of Sound sfoggiato da “Forgotten Paths” l’eccessiva lunghezza dei brani finisce per nuocere all’ascolto, rendendo estenuante la (fisiologica) ripetitività dei temi musicali. Peccato, sarebbe stato più interessante vedere Marshall mescolare con la stessa sapienza black metal atmosferico e melodie tradizionali scozzesi in una più canonica forma canzone; in ogni caso, consigliato agli appassionati di contaminazioni musicali.

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