Recensione: Samsara

Dopo un’assenza dalle scene di cinque anni e uno split, ritornano i goth metallers finlandesi To/Die/For che presentano al pubblico il sesto studio album “Samsara”. Purtroppo dobbiamo subito essere sinceri: se gli intenti dichiarati erano quelli di riproporre i fasti dell’ottimo “Jaded” (classe 2003) che di fatto decretò nutriti consensi per la band e la affiancò a connazionali blasonati quali Sentenced e 69 Eyes, l’obiettivo non è raggiunto, anzi, è distante. “Samsara” è il tipico album che puzza di reunion un po’ frettolosa, si rivela poco ispirato e lascia intuire che gran parte del materiale faccia parte dei “cut” accumulati dall’ensemble nel corso degli anni. Si nota subito come lo stesso Jape Peratalo, vocalist che arriva dal nucleo originario, interpreti i pezzi con un certo disagio, pur essendo la sua particolare voce ruvida in parte distante dai canoni del genere. Ovviamente il lavoro è prodotto con tutta la cura del caso e la bontà formale degli esecutori è indiscutibile, sono le composizioni che alla lunga appaiono piuttosto fiacche e prive del giusto slancio. Non mancano alcune tracce efficaci come “Folie à Deux”, con dei cori che rendono il brano romantico al punto giusto e una avvolgente dose di melodia dettata dalle tastiere, ancora la successiva “Hail Of Bullets”, dal tiro più rock e sorniona e “Cry For Love”, buona rivisitazione di un brano di Iggy Pop. Segnaliamo infine come, a differenza delle release precedenti, “Samsara” voglia suonare moderno e quadrato, abbondando così di riferimenti al metalcore tanto in voga. Scelta per la verità poco azzeccata, poiché gli spessi riff di chitarra e la velocità della sezione ritmica che ne deriva, rendono i brani grossolani e pomposi anziché eleganti.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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