Rising Steel – Recensione: Fight Them All

I Rising Steel sono un quintetto proveniente dalla città francese di Grenoble, già autori di un EP (“Warlord”, 2014) e protagonisti di una buona attività live che li ha visti condividere il palco con Jaded Heart, Sister Sin, Nightmare, ADX, Nashville Pussy ed Annihilator. A distanza di quattro anni dalla prima uscita sulla lunga distanza (“Return Of The Warlord” è del 2016), la band fa oggi il suo ritorno con “Fight Them All”, pubblicato da Frontiers Records con la volontà di accontentare tutti i fan delle sonorità anni ottanta, NWOBHM, hard rock e thrash metal. I transalpini sono infatti autori di un heavy compatto, pieno, tradizionale nelle sue strutture ma attualizzato con qualche artificio produttivo per espanderne la portata, con veloci cavalcate che spezzano il ritmo e con chorus di difficile assimilazione che oggi sembrano l’ultimo grido. Le soluzioni ritmiche sono sempre interessanti e la presenza di due chitarristi in formazione è spesso utilizzata per creare soluzioni d’effetto (“Steel Hammer”): se anche il dinamismo non manca, l’ispirazione all’heavy classico fa però spesso privilegiare un approccio maschio ed epico/ortodosso, complice la prestazione convinta del frontman Emmanuelson, a discapito della soluzione raffinata o dell’incastro perfetto che alla fine dell’ascolto risulteranno entrambi non pervenuti.

Impossibile non citare le influenze thrash, che rappresentano un piacevole – benchè abusato – diversivo alla coerenza stilistica del disco. Il fascino che queste brevi cavalcate esercitano sui chitarristi è evidente (“Master Control”), nonostante la band non sembri sempre pronta ad assecondarne le incursioni. Alcune tracce finiscono così per suonare un po’ irrisolte (“Blackheart” e soprattutto “Malefice”, che dura cinque minuti che sembrano almeno cinquanta), come sospese tra tentazioni melodiche di impostazione power, riffing incalzanti (“Metal Nation”), suggestioni esoteriche ed un incidere che rimane mentalmente lento, secondo un canone che una volta trasmetteva “rocciosità”, ma la cui credibilità si è progressivamente persa con l’evoluzione di tutte le forme del metal, heavy compreso. I Rising Steel hanno un problema di collocazione e di tempo: avanguardista in alcune delle sue spigolature heavy-thrash ma zavorrato dalle troppe rinunce dovute ai suoi sapori tradizionali, il loro nuovo lavoro suona potente ma creativamente spuntato, abbandonato all’improbabile riuscita dei suoi accostamenti, dei cambi di tempi che proseguendo con l’ascolto diventano sempre più prevedibili e dei ritornelli virtualmente assenti, in nome di una pesantezza cocciuta ed autoreferenziale. A “Fight Them All” mancano insomma un po’ di storia, così come il senso di progressione ed evoluzione che spesso differenzia l’ascolto di una intera tracklist da quello delle singole tracce.

Difficilmente gli undici episodi in scaletta potranno essere considerati traboccanti di personalità: il modo ingenuo in cui “Gloomy World” e “Led By Judas” gettano alle ortiche dei riff potenzialmente interessanti testimonia come la formazione francese sia ancora troppo concentrata nella ricerca di se stessa per dedicarsi allo sfruttamento efficace e divertito (“Pussy”) del materiale a disposizione. Se anche gli spunti non mancano, si percepisce che il focus della composizione si trova troppo spesso nel posto sbagliato, al momento sbagliato: le stelle non si allineano nei cieli di Francia e la sensazione di disordine tende ad affiorare con preoccupante facilità. Per essere un disco del ventunesimo secolo “Fight Them All” suona sorprendentemente fedele alle sue fonti di ispirazione (Judas Priest, Iron Maiden, Accept e Saxon, solo per citarne alcune), riuscendo a dare alla massa imponente del suo già sentito una forma fresca, brillante ed ultimamente passabile. Non che la scelta di un nome come Rising Steel potesse far pensare ad un’idea di musica innovativa ed in qualche modo rivoluzionaria: dispiace tuttavia constatare come questa terza uscita rimanga un progetto di prevalente quantità, una rielaborazione decorosa, una risposta lineare ed a suo modo competente ad una domanda che – a malincuore – si presenta ormai anacronistica e di sostanza quasi impalpabile.

Etichetta: Frontiers Music

Anno: 2020

Tracklist: 01. Mystic Voices 02. Fight Them All 03. Steel Hammer 04. Blackheart 05. Savage 06. Gloomy World 07. Malefice 08. Metal Nation 09. Pussy 10. Led By Judas 11. Master Control
Sito Web: facebook.com/risingsteelmetal

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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