Debemur Morti licenzia “Writhes In The Murk”, (i dettagli) il terzo studio album degli americani Ævangelist. Il precedente “Omen Ex Simulacra” (la recensione) non aveva convinto particolarmente il nostro portale, a causa di un assalto frontale caotico e ripetitivo che non riusciva a trovare una vera soluzione di continuità, perdendosi in un miasma dove a trionfare era la cacofonia.
Non dobbiamo aspettarci grossi stravolgimenti dalla nuova prova in studio, il cruccio di Matron Thorn e Ascaris è di nuovo quello di musicare il caos, ma questa volta, benché il rumore persista come elemento portante del lavoro, l’ascolto mostra una maggiore concentrazione e la struttura dei pezzi si fa più interessante.
Va detto che in questa violenta commistione tra black e death metal seguita ad avere un grande peso l’influenza dettata da acts come Deathspell Omega, in quell’incedere quadrato e marziale e nelle necessità progressive death degli australiani Portal. Il gruppo sembra però rinunciare a ridurre il tutto a pura fisicità, lasciando che la partiture, pur sempre muscolari e senza compromessi, scivolino nel grembo di una sperimentazione dove assume una maggiore importanza la componente ambient/noise, che tesse passaggi siderali algidi e inquietanti.
Chi sta pensando a ensemble come The Axis Of Perdition, gli Abruptum o i Gnar Their Tongues ha visto giusto, poiché gli Ævangelist mostrano interesse a ricalcarne i contorni, lasciandosi comunque guidare da una volontà di proporre un ibrido personale piuttosto che un semplice lavoro di copia e incolla.
L’assoluta feralità di brani come “The Only Grave” lascia inizialmente spiazzati e interdetti, ma già nella successiva “Præternigma”, il meccanismo si olia e il caos assume una forma. Una forma che proseguendo nell’ascolto appare cangiante, ma pur sempre tale. E in questo senso piacciono episodi come “Ælixir” o la disarticolata “Halo Of Lamented Glory”, dove entrano violini schizoidi, rumorismo e voci femminili, mentre il sax disarticolato di Ascaris si prodiga in melodie jazzate che colpiscono la nostra attenzione.
L’ordine e il caos si abbracciano in “Writhes In The Murk” e le sperimentazioni della band dell’Oregon, più interessanti. Resta però un’incognita l’aver confermato il ricorso a una registrazione tanto fangosa che di fatto non permette di cogliere appieno le sfaccettature di un sound che pare nettamente in crescita.