Recensione: The Furnaces Of Palingenesia

Sono passati tre anni da un disco dalla natura necessariamente essenziale (persino nella breve durata) come “The Synarchy Of Molten Bones” e i Deathspell Omega riescono ancora a stupire, aggiungendo un anello ad un percorso evolutivo costante, sempre più orientato a un’avanguardia estrema di cui la band transalpina è gustamente considerata una punta di diamante.

“The Furnaces Of Palingenesia” irrompe con una visione sarcastica, parodistica e blasfema del tema della resurrezione dell’anima, puntando il dito contro il dogma come la band è solita fare. Notiamo che la violenza esecutiva non viene meno, tuttavia il gruppo non rinuncia ad elaborarla seguendo delle specifiche ben precise, ad esempio diluendo i ritmi in disturbanti mid tempos o costruendo vere cattedrali sonore fatte di suggestioni progressive.

Questa volta la voce di Mikko Aspa ha un peso determinante, trasformandosi spesso in un recitato emotivo sebbene il timbro resti gutturale. La liturgia di “Renegade Ashes” parla bene in questo senso, accostando al pezzo una base ambient epica ma non invasiva.

Bordate industriali cupe e piene di riverberi si accompagnano alle soluzioni noise rock che viaggiano in questi scenari apocalittici. Domina il cambio di intenzione, che sovente assembla esecuzioni violente ma ragionate nei minimi particolari, a rallentamenti disturbanti. Ecco dunque che “The Fires Of Frustration” parte rozza e primitiva per divenire un pezzo sempre più teso e dinamico, accogliendo un finale in cui tutto si quieta. Per contro, “Imitatio Dei”, irromperà in un congedo caotico e oltranzista.

Nulla è affidato al caso. Il brano scelto come singolo “Ad Arma! Ad Arma!” è avvincente ed epico, colpisce forte di ua melodia guida drammatica. La band trova infine un valido canale espressivo nella lentenzza magmatica di “1523” e “You Cannot Even Find The Ruins…”, dove il fragore industriale, tra Ministry e Throbbing Gristle, si incastona al meglio.

“The Furnaces Of Palingenesia” è semplicemente un gran bel disco, evoluto, adulto, capace di uscire dal coro.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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