Recensione: Of Blood And Wine

Of Blood And Wine” segue a distanza di un solo anno l’eccellente debut album dei doom-occult rocker The Necromancers e ne conferma in toto le potenzialità. Lo stile, come per “Servants Of The Salem Girl”, è facilmente iscrivibile a quel movimento contemporaneo che pesca a piene mani dal rock oscuro degli anni settanta, con la centrale influenza dei Black Sabbath e della psichedelia più pesante, ma non certamente confinandosi al ruolo di imitatori senza fantasia. Se il brano iniziale, “Join The Dead Ones”, evoca una certa affinità con una band di successo come i Ghost è in realtà solo per la melodia vocale piuttosto catchy, perché il suono heavy delle chitarre e l’intenzione complessiva del brano sono più da doom band classica.

Se però la scaletta parrebbe inizialmente indugiare su una certa linearità, già dalla seconda song, “Erzebeth”, ci si ritrova catapultati in una cavalcata che tra pura psichedelia, fraseggi di chitarra da classic metal e qualche variazioni vagamente progressive, finisce per tenerci incollati all’ascolto per oltre dodici minuti. Un tempo che vola via, come capita solo con le canzoni davvero riuscite.

Dopo tanta carne buttata sul fuoco la band rallenta drasticamente per un paio di minuti con la cupa e acustica title track, ma è solo per prendere fiato, perché da qui in poi comincia una vera e propria giostra musicale che, con gusto e maestria, pesca elementi da tutta la tradizione heavy psych e doom per riassemblarli in riff d’impatto come quelli della fascinosa “Secular Lord” o in note di puro lirismo psichedelico nella onirica e sensuale “Lust”, lunga traccia che nel finale si vivacizza e ci regala un climax davvero emozionante.

Con la conclusiva “The Gathering” si sprofonda nuovamente in territorio puramente doom, ma non per questo il brano è poi così scontato come potrebbe sembrare. I The Necromancers hanno infatti la non comunque capacità di scrivere canzoni che usano si ingredienti ben noti, ma riuscendo a trasfigurarli, giocando in modo sottile con l’arrangiamento o la melodia per aumentarne l’efficacia e la personalità. Bravi e consigliatissimi.

Riccardo Manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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