Terminata la trilogia di “777” con il capitolo “Cosmosophy” (la recensione) uscito due anni fa, i francesi Blut Aus Nord tornano sul mercato discografico rispolverando la linea concettuale di “Memoria Vetusta”, un lavoro iniziato nel 1996 con “Fathers Of The Icy Age”, ripreso nel 2009 con “Dialogue With The Stars” e arricchito oggi dal nuovo tassello “Saturnian Poetry” (i dettagli).
Smesse le seduzioni industrial del concept trigemino, i transalpini tornano a dedicarsi a un esito più vicino al black metal propriamente detto, ma come ogni volta colto ed evoluto, capace di assorbire contaminazioni sonore di atmosfera che ben si accompagnano al sostrato lirico esoterico e filosofico che alimenta le opere di Vindsval e soci.
“Saturnian Poetry” è black metal melodico nell’accezione più incontaminata del termine, distante anni luce da ritrovati sinfonici e orchestrali e rispetto al passato recente, tecnicamente meno complesso e più accessibile. Eppure è ricco, è un malinconico viaggio fra il cosmo e la natura attraverso paesaggi di grande bellezza e profondità. Il lavoro delle chitarre ha un peso indiscutibile, i tappeti di riff si susseguono quadrati senza perdersi in appesantimenti inutili. Le melodie tessute fanno leva sull’emozionalità, lasciando che trionfi a volte una componente raw black vicina al sound dei primi anni’90 (“Tellus Mater”), ora la ricerca, come dimostra la magnificenza di un episodio come “Forhist”, una suite di circa nove minuti che lascia intervenire rallentamenti, lievi basi ambient ben diluite e un flavour epico che risveglia un fantasma vichingo.
L’ascolto alterna dunque accelerazioni e momenti di maggiore introspezione dove i suoni si fanno diluiti e siderali (“Metaphor Of The Moon”) ed acquista un maggior valore l’utilizzo della voce pulita, talvolta protagonista, come dimostra “Clarissima Mundi Lumina”, un congedo elegante che chiude idealmente l’opera accentuandone la grandiosità.