Ci sono lavori che è facilissimo etichettare sotto un genere o sotto un altro. E poi ci sono quei lavori (pochisimi in verità ma ci sono) che, per quanto ti sforzi, non riesci a inquadrare in una sola etichetta, figuriamoci in due o più. Come si possono definire i Vade Aratro, band proveniente dalla solare provincia di Bologna, che a loro volta si presentano come una band di heavy metal agreste? La stessa band prova ad aiutare un ascoltatore alla prima esperienza, spiegando nella propria presentazione che ci sono sicuramente influenze thrash e comunque derivanti da un heavy metal estremo, a cui si accostano però cambi di tempo e di atmosfere più vicine al progressive, senza contare preziosi contributi di Bruno Rubino dei Fiaba, che ci riportano al folk.
La connotazione di agreste deriva però, soprattutto, dai testi, che parlano quasi esclusivamente di storie provenienti dal mondo contadino. Tradizioni come l’uccisione del maiale, detti contadini, ricordi d’infanzia e di un mondo che va scomparendo, scolpito nelle mani degli anziani, e in generale un’attenzione ai piccoli dettagli, impressi in memoria e trasformati in musica con uno stupore quasi infantile, con una cura e una precisione fotografica nelle descrizioni, tipiche di chi è artista dentro e sa guardare al mondo esterno senza mai dare nulla per scontato. Sono questi i tratti distintivi delle tracce di “Il Vomere Di Bronzo“, che cercano di riprodurre le sensazioni sanguigne e concrete del vivere il mondo contadino. Narrano le leggende, infatti, che una volta i Vade Aratro si siano esibiti a una festa di paese e che i vecchi che stazionavano in zona, per nulla intimoriti dalla mistura esplosiva di thrash, folk e prog, siano rimasti tutto il tempo del concerto per ascoltare le storie narrate da questi menestrelli estemporanei, talmente fuori da ogni schema e talmente coerenti con se stessi che il loro merchandising prevede, oltre alla canoniche magliette, anche marmellata e vino fatti in casa. Tanto per restare coerenti. Difficilissimo da spiegare, ma da ascoltare per la sua proposta priva di recinti entro cui inquadrarsi.
