Se dovessimo considerare l’intero cammino artistico degli Haken credo sia oggettivamente innegabile che, negli anni appena passati (difficili per tutte le band a causa della pandemia), gli inglesi non abbiano sfornato il loro materiale musicale migliore; forse per la necessità di essere comunque presenti sul mercato, forse perché la loro discografia è compressa in pochi anni di attività, l’accoppiata “Vector” e “Virus” non è stata sicuramente l’apice della loro produzione (pur essendo sopra la media).
Per contro il loro status di band leader del nuovo movimento prog metal, sia per il forte legame coi classici sia per la capacità di innovare da un punto di vista sonoro e compositivo, è ormai acclarato e li ha fatti conoscere praticamente in ogni angolo del globo; tocca ora a questo “Fauna” farci capire a che punto siamo del cammino, che personalmente ho seguito dai loro esordi come testimoniato anche nell’archivio di Metallus, e che speriamo possa riprendere spedito.
Il primo approccio è visivo, con un artwork particolarmente colorato e dettagliato ma è la musica ciò che ci interessa è che sembra tornata ad una qualità davvero degna di nota; il trittico iniziale è formato da pezzi già usciti come singoli di lancio e sancisce da subito il tono eclettico e qualitativamente alto dell’album.
Dalle chitarre taglienti e dissonanti di “Taurus”, in stile djent e con un lavoro fine del solito immenso Ray Hearne alla batteria (la mia battaglia per dare il giusto riconoscimento a questo musicista prosegue) alla più articolata “Nightingale”; in entrambe si nota un approccio vocale di Ross Jennings più contenuto nelle ottave con la voce che diventa più tutt’uno con la musica piuttosto che elemento in primo piano. L’approccio del rientrante Pete Jones è meno esuberante di quello di Tejeida, più vicino ad un Richard Barbieri se vogliamo trovare assonanze, e lo si nota con “The Alphabet Of Me”, la fine del trittico iniziale con chiari rimandi al periodo “Affinity” e al contempo uno dei pezzi più originali mai partorito dagli Haken tra momenti soffusi/elettronici aperture vocali grandiose e chitarre rocciose.
Ancora Hearne sugli scudi in “Sempiternal Beings” e “Beneath The White Rainbow” pezzi che sono la summa del livello di consapevolezza raggiunto oggi dagli Haken e che potrebbero diventare dei crack se riproposti dal vivo; la prima più diretta e cantabile la seconda più math e concettuale ma entrambe facce di un prog metal di altissimo livello. “Elephants Never Forget” si porta in dote un approccio cabarettistico tipico di band come Mr. Bungle o Dog Fashion Disco che però non nasconde una tecnica strumentale eccelsa… diciamo un modo curioso di svecchiare il caro Dream Theater style mentre “Eyes Of Ebony” chiude il colorato “Fauna” virando decisamente verso un math post rock che, paradossalmente, dopo 15 anni di carriera potrebbe portare nuova linfa al sound degli inglesi nonché irretire una nuova fetta di pubblico.
Un ritorno di livello inaspettato ma che in fondo ci auguravamo da qualche tempo.
