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Blind Guardian – Recensione: Beyond The Red Mirror

Dietro lo specchio rosso si nasconde l’ennesimo, immenso lavoro targato Blind Guardian. “Beyond The Red Mirror” è il decimo capitolo della discografia dei Bardi di Krefeld, ormai diventati un incona dell’heavy metal e capostipiti inarrivabili di un power maturo e cangiante, talmente ricco di sfumature e dettagli da lasciare ogni volta senza fiato. Il seguito del concept di “Imaginations From The Other Side”, in realtà è legato alla prima parte solo a livello di lyrics, poiché quest’opera maestosa riprende le atmosfere teatrali di “A Night At The Opera”, mescolandole alle sperimentazioni mai banali dell’ultimo “A Twist In The Myth”.

E se il sound dei Blind Guardian è ormai inconfondibile fin dalla prima nota, stupisce ancora l’abilità compositiva del quartetto tedesco ed il coraggio di abbandonare di volta in volta il cammino tracciato, per riprendere con disinvoltura i propri marchi di fabbrica (cori magniloquenti, passaggi progressive, cambi di atmosfera repentini, riffing serrati). “Beyond The Red Mirror” si apre con un coro gregoriano e gotico, che permea l’atmosfera di solennità ed inquietudine e ci permette di entrare nel mondo creato dai nostri al di là dello specchio. Saliscendi ardimentosi di violini accompagnano i riff di chitarra di André Olbrich (qui l’intervista) e la voce pungente, ma calda e avvolgente di Hansi Kursch, doppiata da cori e controcanti dal sapore epico. Oltre nove minuti di pura magia. Perché la forma canzone, così intesa nel suo senso canonico del termine, per i Blind Guardian non ha ragione d’essere, tanto i nostri sono affascinati dalla sperimentazione, dal cambiare i tempi in funzione di passaggi vocali diversificati e variazioni orchestrali purissime. Eppure i brani colpiscono subito nel segno, arrivano diretti e rimangono nella mente, come il refrain dell’eroica “The Throne”, una delle hit di “Beyond The Red Mirror” e futuro cavallo di battaglia dei live show della band. Le sonorità e la sezione ritmica incalzante di “Twilight Of The Gods” richiama alla mente la nervosa e battagliera “Precious Jerusalem”, mentre con “Miracle Machine” i Blind Guardian non rinnegano il viscerale amore per il folk sinfonico, come certificato dai soffici inserti acustici.

Al termine dell’ascolto prolungato di questo album ci troviamo frastornati, ma nello stesso tempo appagati ed entusiasti per l’esperienza unica, che abbiamo appena vissuto. Perché ogni lavoro dei Blind Guardian si vive, ti si appiccica addosso, ti entra in fondo all’anima, fa pulsare il sangue ed arricchisce il cervello, così come il nostro bagaglio musicale. Nessuna canzone è uguale ad un’altra, eppure si sente che tutte hanno insiti spunti del passato ancora una volta presi, stravolti ed amplificati, arricchiti di qualche dettaglio in più. Perché questa band non deve più dimostrare più nulla a nessuno e la classe e la mancanza di barriere in fase di songwriting permette di creare song emotivamente speciali. E la cura maniacale per gli arrangiamenti sinfonici, per le sovraincisioni, la passione per le tematiche epiche che esplodono fuori dal connubio testo – musica, fanno il resto.

Dopo aver ascoltato “Beyond The Red Mirror” abbiamo ancora una volta la conferma, come se ancora ce ne fosse stato bisogno, che ogni album dei Blind Guardian è davvero un evento da celebrare. Abbiamo già tra le mani il disco dell’anno?

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