Rain – Recensione: A New Tomorrow

Recensire una band come i bolognesi Rain è una sfida interessante, perché devi cercare di condensare in poche parole non solo le impressioni sul nuovo disco, ma anche la descrizione di una realtà per certi versi sfuggente, per alcuni inespressa e per altri addirittura irrisolta. Attivi fin dagli anni ottanta, amanti dei The Cult (ma anche ispirati da Riot, Judas Priest, Motley Crue, Iron Maiden, Van Halen, Rainbow, Whitesnake, Rage, Running Wild e Grave Digger) ed oggi contraddistinti da un’immagine glocal, iper-professionale ed internazionale ma pur sempre ancorata alle radici emiliane, i Rain sono stati definiti una delle storie più belle dell’ hard n’ heavy tricolore e possono vantare una lunga esperienza live che li ha visti aprire concerti per Blaze Bayley, Jeff Scott Soto, Paul Di’ Anno, Michael Schenker, Udo Dirkschneiderand e Yngwie Malmsteen. Non solo: tra le maglie di una carriera così lunga è possibile scovare anche interessanti sperimentazioni (come la realizzazione dell’acustico “Mexican Way” nel 2013) e la pubblicazione di un libro – scritto con Davide Tonioni – ispirato ai fatti ed agli episodi del tour con i W.A.S.P. in terra americana. Quando ti accorgi che le cose da dire e da discutere sarebbero troppe (come il fatto che abbiano resistito così a lungo negli anni, sopravvivendo ai cambi di stile e formazione e pur contando su un numero di copie vendute che appartiene al territorio underground), è l’istinto che ti porta a soprassedere sulla lunga biografia e sull’interminabile lista di concerti per concentrarti su cosa i Rain sono diventati dopo i kilometri macinati, le storie vissute ed una relazione complicata con la realtà, che a prima vista sembrerebbe non aver voluto ripagare i loro sforzi come avrebbero meritato.

E’ dunque il momento di ascoltare questo “A New Tomorrow”, un lavoro di undici tracce registrato circa un anno fa da Giuseppe Bassi al Fear Studio di Ravenna, masterizzato da Dan Korneff presso i Sonic Debris Studio di New York ed infine caratterizzato da una presentazione grafica di ottimo impatto, a cura dell’illustratore bolognese Umberto Stagni. Diciamo subito che questo è un album di hard rock moderno, che invece di rifarsi ai grandi classici per seguirne la scia (se si esclude la cover modernista di “Peace Sells” dei Megadeth) sceglie di orientarsi verso Alter Bridge, The New Black (un caffè pagato a chi si ricorda di questi tedeschi), Armored Saint e gli odiatissimi Nickelback: un prodotto quindi di ascolto relativamente facile, sviluppato attorno alle evoluzioni dei suoi ritornelli (“Master Of Lovers”) e dei suoi pregevoli assoli (“New Sin”), impreziosito da una produzione romagnola sempre all’altezza e definito da un dinamismo e da una tensione che serpeggiano ad ogni passaggio (“Down In Hell” ed il suo finale intenso). Un prodotto che, anche, conferma una caratteristica che ha sempre accompagnato il percorso dei Rain, quella cioè di sapere cambiare stile e registro pur mantenendo una propria, orgogliosa personalità. Un rock che sfrutta bene l’alternanza tra luce ed oscurità, fondendo alla perfezione atmosfere pesanti con altri momenti più intimi e delicati: un artificio certamente non nuovo, ma che in fondo non stanca mai se interpretato – come in questo caso – con gusto ed esperienza.

E’ difficile dire se la sostanziale omologazione di “A New Tomorrow” con tanto rock moderno di provenienza prevalentemente americana (“Never Alone”) sia il tipo di risposta che ci aspettavamo, o l’approccio giusto per marcare con maggiore peso la propria presenza sulle scene. I confini creativi del genere sono infatti piuttosto angusti (come testimonia la personalità debole della balladLoveself” e qualche fucking distribuito qua e là come riempitivo insapore) e, benchè ciascun episodio convinca per solidità e nervo (“All You Can Hate”), non si può davvero dire che l’ascolto dell’intero album restituisca un valore superiore alla somma delle sue parti: in “A New Tomorrow” si impilano insomma i minuti, senza che le emozioni crescano in modo davvero esponenziale. Certamente questo è un disco di invidiabile robustezza, che trasuda energia ed attitudine e che – volenti o nolenti – guadagna qualche punto in più per la semplice considerazione che non sono poi tante le realtà dello Stivale capaci di esprimersi con un linguaggio musicale così universale/commerciale e reggere dignitosamente il confronto.

Il settimo disco del quintetto bolognese è figlio di tempi contaminati ed ambizioni vive, di sguardi che varcano allegri i confini e di una voglia di creare non solo musica, ma anche qualcosa che possa sopravvivere alle vite (artistiche) dei suoi stessi esecutori. Qualcosa che piaccia al mercato e crei opportunità, che apra porte e porti il nome dei Rain all’attenzione di Youtuber, influencer, curatori di colonne sonore ed organizzatori di concerti. “A New Tomorrow” sembra dirci che i confini nazionali cominciano a stare un po’ stretti ad una realtà rodata, e più che suonare come un disco pensato per la voracità distinta del pubblico italiano sembra un biglietto da visita confezionato ad arte per solleticare l’appetito delle band internazionali alla ricerca di un valido, validissimo supporting act.

Etichetta: Autoprodotto

Anno: 2022

Tracklist: 01. A New Tomorrow 02. Down In Hell 03. New Sin 04. Double Game 05. Master Of Lovers 06. Never Alone 07. Loveself 08. All You Can Hate 09. Peace Sells 10. Evil Me 11. Revolver
Sito Web: facebook.com/rainbanditaly

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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